Alfonso Gatto, Tre poesie

ALFONSO GATTO

 

Alba a Sorrento

Al freddo stretto i limoni movevano la luna d’alba
prossima ad esalare scialba nel cielo dei portoni.
Sulla finestra a grate, tra i rami d’arancio
portava il vento uno slancio di polle rosate:
i gerani smorti dal gelo trepidavano d’aria
sotto l’arcata solitaria illuminata dal cielo.

Ai monti pallidi d’ali sorgevano voci remote,
per strada le ruote dei primi carri, i fanali
tenui nel vetro dell’aria, trasparenza del verde
fresco delle persiane: lungo i cancelli
il sole era un caldo cane addormentato tra i monelli.

*

Sottovoce

Una sera di nuvole, di freddo
e di luce che spiega ad altro il senso
della mia vita, questo vago accordo
di memorie in sordina, sottovoce
di me, di te, poveramente assorti.

Si resta a volte soli nella veglia
di un racconto sospeso, allora soli,
ignoti l’uno all’altro, ed ora uniti
dal ricordo che un nulla ci divise.

Il rammarico punge, se mi dici:
«bastava che quel giorno…», ti sorrido
con la mesta sfiducia di sapere
che mai giunsi per tempo, che geloso
di te, del tuo passato, almeno vedo
il tuo sguardo d’amore al primo incontro.

Ma forse è giusto credere che allora
tu m’avresti perduto:
come un ragazzo che si lascia indietro
nella paura d’essere felice.

*

Il Caprimulgo

Tornerà sempre l’ ironia serena
del sortilegio sulle tue corolle,
fiore disfatto.
E tu che voli e piangi
stridendo coi tuoi grandi occhi oscuri,
o caprimulgo dalle piume molli,
il buio sempre ingoierà la notte
delle farfalle nere, le lucenti
blatte in cui l’ uomo misero rattrae
le mani e gli occhi a rispettarle,
umane della pietà per sé.
Per la scala degli inferi discende
il consenso perenne, l’ ordinata
congrega delle vittime plaudenti.

O misura dell’ uomo in sé dipinto
costretto oltre la morte, mummia salva
a schermo delle mani,
a non aver più limiti, distratta
è la forza latente, il bruco insonne
della materia che ci traccia e insegue.
Un fenomeno oscuro il divenire
l’ enfasi sorda che alle sue parole
non crede più, ma giura. Ancora scende
questa scala degli inferi e l’ informe
che chiede un senso smania di figure.

Alfonso Gatto

***

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4 risposte

  1. Un scrittore sottile ed enigmatico allo stesso tempo. Un fraseggio ricercatissimo, dove si affacciano significati nascosti sotto le fronde di parole inusitate. C’è tutta l’eleganza di una non-banalità dele cose che si fa poesia.

  2. Bella la seconda con quell’atmosfera di rimpianto, di riflessione , di rassegnazione e forse di inevitabilità…ma preferisco la prima, per le belle immagini e l’ interessante l’intreccio di rime esterne e interne. Nella terza non ci ho capito nulla 🙁

  3. E’ veramente vergognoso che io non abbia scritto ancora neanche un rigo per Alfonso Gatto, uno dei miei amori poetici che, data la mia età non più verde, sono relativamente pochi. Ma si sa noi vecchietti per ogni cosa abbiamo bisogno del doppio di tempo degli esseri diciamo normali e ci orientiamo a fare le cose più necessarie.
    Sono venuta a conoscenza di Alfonso Gatto tramite, credo, la bellissima antologia sui poeti del 900 di Alberto Bertoni , libro che rubai letteralmente a un amico e odiai con tutto il cuore la giovincella che provocò l’incidente automobilistico in cui il poeta morì.
    Qui vengono proposte poesie molto estrose anche nella forma con quella rima a mezzo verso, coordinata con una finale ma la scrittura poetica di Gatto è molto varia e si avventura in diversi filoni. Ricordo un brevissimo testo – tre soli versi – sull’aceto, delizioso nella sua semplicità. Ecco un altro poeta che pochissimi conoscono e che cadrà irrimediabilmente nel dimenticatoio come tanti altri molto validi dei secoli passati.

  4. “Al freddo stretto i limoni movevano la luna d’alba
    prossima ad esalare scialba nel cielo dei portoni.
    Sulla finestra a grate, tra i rami d’arancio
    portava il vento uno slancio di polle rosate:
    i gerani smorti dal gelo trepidavano d’aria
    sotto l’arcata solitaria illuminata dal cielo.

    Ai monti pallidi d’ali sorgevano voci remote,
    per strada le ruote dei primi carri, i fanali
    tenui nel vetro dell’aria, trasparenza del verde
    fresco delle persiane: lungo i cancelli
    il sole era un caldo cane addormentato tra i monelli.”
    In questa seconda strofa di “Alba a Sorrento ” si evidenzia la libertà metrico-fonetica di Alfonso Gatto: le misure e le rime non sono rinnegate ma se mai costituiscono un’opzione nell’ambito di un’autonomia compositiva che il poeta si riserva e rivendica.
    Si tratterebbe di una metrica facoltativa, intermittente, non obbligata.
    In questo la modernità della sua poesia.

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