Perché Glosse alla vita
La vita è un testo che si dispiega in una sorta di libro, in cui convivono forme, suoni, colori, parole, azioni: per ognuno di noi, esseri caduchi, precari, transeunti. Tuttavia non sempre siamo in grado di leggere questo libro che pur ci appartiene. O forse non vogliamo. Eppure il libro c’è, sta lì, si arricchisce giorno per giorno, ci invita, ammicca… Se accade di leggerlo, può capitare di annotarlo: con riflessioni, constatazioni, opinioni. Glosse, se vogliamo usare una voce nobile e antica; glosse che qui sono espresse prevalentemente in poesia. GLOSSE ALLA VITA, dunque.
professore pasquale balestriere

Pasquale Balestriere

Questo blog è aperto a tutti i contributi ritenuti adeguati.

Maurizio Donte, Un componimento a struttura metrica chiusa

MAURIZIO DONTE

 

 

SOLTANTO CHI AMAVO DAVVERO

 

I

Nel cielo era un chiaro di luna:
t’amavo.
Così non amai più nessuna:
chissà poi in che cosa speravo,
nel suono lontano
di un tempo felice che piano
finisce?
Ricordo quel mese che invano
scintilla nel cuore e stupisce
e muore man mano.
Un’ora d’incanto sì vano
da chiedersi ancora una volta,
perché qui si soffre ed invano
d’amore la vita è travolta.
Si spegne, morendo, il ricordo,
di un tempo ceduto all’eterno,
sentendo qui dentro, più sordo,
il gelo d’inverno.

II

Il mondo sembrava l’inferno:
contento
non ero, neanche all’interno,
del cuore. Saliva un lamento
nell’aria d’intorno:
che fosse davvero quel giorno
la morte?
Se stessi vivendo il ritorno
di quello che chiude le porte
di questo soggiorno?
Se fosse davvero il mio giorno
di certo morir non vorrei,
lo cerco, guardando all’intorno,
la voglia di vita con lei.
Io vissi l’incanto in silenzio,
sia pur ne avessi un dolore.
L’amaro sapore d’assenzio
è un dolce liquore

III

che tutto accendeva nel cuore.
Scendeva,
sanando quel lungo dolore
che tutto il suo male perdeva
nel sogno che avevo.
Cantando sereno, tessevo
l’ordito
d’armonico suono e cadevo
nel fiume chiamato infinito.
La vita perdevo
nel mentre che intorno vedevo
svanire per sempre i miei giorni:
e nulla pensare potevo
vedendo confusi i dintorni.
E presto dall’anima tolta
mi fu l’illusione, da allora,
e fu la mia vita stravolta
per sempre, Signora.

IV

Non so cosa resta di allora:
il vero
che muta nel volger di un’ora
e sta confrontando il pensiero
con quello che provo.
Io spero che il cuore di nuovo
sia al centro
di quel che da solo non trovo:
qualcosa da vivere dentro,
cercando un rinnovo.
Così sul sentiero mi muovo
cercando a tentoni gli istanti
che vissi e dal petto rimuovo
perché sono troppo pesanti.
Lo so d’aver perso il mio sogno:
da anni lo piango, ma invano,
se pure ne avevo bisogno
lo vedo più vano

V

dell’ombra di un tempo lontano.
Sognando
si cerca di viverlo invano;
non passa e non so fino a quando,
il dire che t’amo.
Mi è dolce il tuo viso al richiamo
d’allora.
Lo vedo, pensando, non siamo
che un lampo di luce: in un’ora
soltanto passiamo
così, nella vita. Speriamo
persino che vada un po’ avanti,
ma certo non come pensiamo,
vedendo morire gli incanti.
Mi basta quel poco d’amore
che vissi nel tempo di allora
il resto lo tengo nel cuore
per l’ultima ora

VI

dei giorni che restano ancora.
Infranti
i sogni impossibili, allora
si posson sognare gli incanti,
cantando la vita,
insieme alla gioia infinita,
nel giorno
che viene per tutti e riavvita
le tessere insieme al ritorno
di luce infinita.
Noi si, canteremo la vita,
la gioia del tempo perduto
che allora avevamo smarrita.
Non so se riavremo l’avuto
nel cielo trapunto di stelle.
Chissà, ci sarà più nessuna
per dirmi le cose più belle,
nel chiaro di luna?

Soltanto chi amavo davvero

Maurizio Donte

 

Ode-Canzone pindarica in schema Rondò incatenato

Schema fisso in ogni stanza:

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