Quinto Orazio Flacco, Tu ne quaesieris… (Carm. I, 11)

 

Il blog propone questo capolavoro del grande Venosino come momento di bellezza e spunto di riflessione; e anche come provocazione, invitando chi ne ha fatto una traduzione a riportarla nei commenti.

(Il testo seguito è quello dell’UTET, ” Le opere di Quinto Orazio Flacco” a cura di Tito Colamarino e Domenico Bo)

 

QUINTO ORAZIO FLACCO

 * 

Tu ne quaesieris (scire nefas) quem mihi, quem tibi

finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios

temptaris numeros. Ut melius quiquid erit pati,

seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,

quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare

Tyrrhenum: sapias, vina liques et spatio brevi

spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida

aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.

 Quinto Orazio Flacco

 ***

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6 risposte

  1. A Leucònoe
    (Libera trasposizione in versi)
    Non vale domandar qual fin riserva
    a te, a me, all’uman seme il fato,
    o bella Leucònoe. Non creder serva
    legger degli astri di Caldea lo stato.
    E prendi ciò che passa il sommo Giove,
    sia ch’altri inverni a noi mandi il destino
    o che questo sia l’ultimo, che move
    l’acque al Tirreno mar, nel repentino
    schiumar dell’onde alla costa rocciosa.
    Tu resta saggia, e mentre versi il vino
    ogni speranza nel futuro posa,
    ché sol nell’immediato è il tuo destino.
    Parliamo, e il tempo invido ci divora;
    fuggito è già da te, da me, lontano.
    Cogli l’attimo, goditi ogni ora:
    confidar nel domani è stolto e vano.

  2. Certo la più celebre poesia di Orazio e uno dei capisaldi della poesia di ogni tempo.
    Tento una mia traduzione

    “Non domandarti, Leuconoe cara, (tanto non ci è dato saperlo)

    in quale giorno e in quale modo,

    a me, a te,

    gli dei daranno la morte.

    Inutile consultare le cabale di Babilonia.

    La cosa migliore è accettare quello che verrà,

    sia che Giove ci conceda altri inverni,

    sia che questo, che oggi affatica il mar Tirreno contro gli scogli,

    sia il nostro ultimo.

    Sii saggia, filtra il tuo vino

    e in questa vita troppo breve recidi troppo lunghe speranze.

    Mentre parliamo, già ci sfugge il tempo a noi nemico.

    Di ogni giorno cogli il fiore,

    meno che puoi illusa del domani.”

    (Trad. L.D.)

  3. E no, non domandar, cara Leucònoe,
    -illecito per noi è l’indagare –
    che fine a me, a te gli Dei daranno
    né creder puoi al responso delle carte.
    Qualunque cosa sia devi accettarla!
    Sia che Giove più inverni ci abbia dato
    o che questo sia l’ultimo che sfianca
    con scogliere di pomice il Tirreno:
    saggia sii tu, il vino filtra e scema
    ad uno spazio breve la speranza.
    Sarà, mentre parliamo, invido il tempo
    fuggito già: cogli il tuo giorno senza
    essere fiduciosa nel domani.

    Caro Pasquale, tu mi hai tirato “a cimento” ed io sono caduta nella trappola pur sapendo che non sono rapida nei miei lavori e che vedo gli sbagli solo dopo molto tempo e inoltre che non posso certamente competere con coloro che mi precedono. Qui molte cose che non mi soddisfano le vedo già da ora ma al momento non so fare di meglio. Adesso tocca a te!!!

  4. Orazio è il poeta che scelsi come mio preferito all’esame di abilitazione :-).
    .
    Non chiedere-saperlo non ci è dato-
    quale sorte per me, per te abbia in serbo
    il Nume, nè agli oroscopi caldei
    volgi domande, se accettare vuoi
    meglio quel che dovrai pur sopportare.
    Che molti Inverni ci riservi Zeus
    o l’ultimo sia questo che il Tirreno
    sfianca sulle rocciose, opposte rive,
    sii saggia, filtra il vino, ed una troppo
    lunga speranza taglia al nostro andare.
    Mentre parliamo già fuggito è il tempo
    geloso ; cogli l’ora e del domani
    non ti fidare affatto.

  5. Intanto mi compiaccio per la qualità dei lavori pervenuti ( e come vi si legge la “voce” degli autori!). Del resto soprattutto per questo è stato pensato il post sul Venosino. Così ieri sera, trovato finalmente un attimo di riposo, ho raccolto l’invito-provocazione di Carla (eh, ti so bene, mascherina!). E così, stando vicino al testo e cercando di non rinnegare né me né Lui, ho abbozzato la seguente traduzione.
    ***

    Ah, no, non domandare (non è dato
    saperlo) quanto tempo , mia Leuconoe,
    a me concessero gli dei e quanto
    a te, e trascura cabale caldee.
    Oh, è molto meglio accettare il futuro
    -qualunque!- , sia che più inverni Giove
    ci abbia largiti o sia ultimo questo
    ch’ora sfianca il Tirreno su barriere
    rocciose, tu sii saggia, mesci il vino,
    riporta al breve ogni lunga speranza.
    Mentre parliamo, è già fuggito il tempo,
    invidïoso: cogli il tuo momento,
    e men che puoi confida nel domani.
    ***

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