Il blog propone questo capolavoro del grande Venosino come momento di bellezza e spunto di riflessione; e anche come provocazione, invitando chi ne ha fatto una traduzione a riportarla nei commenti.
(Il testo seguito è quello dell’UTET, ” Le opere di Quinto Orazio Flacco” a cura di Tito Colamarino e Domenico Bo)
QUINTO ORAZIO FLACCO
*
Tu ne quaesieris (scire nefas) quem mihi, quem tibi
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
temptaris numeros. Ut melius quiquid erit pati,
seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,
quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare
Tyrrhenum: sapias, vina liques et spatio brevi
spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida
aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.
6 risposte
A Leucònoe
(Libera trasposizione in versi)
Non vale domandar qual fin riserva
a te, a me, all’uman seme il fato,
o bella Leucònoe. Non creder serva
legger degli astri di Caldea lo stato.
E prendi ciò che passa il sommo Giove,
sia ch’altri inverni a noi mandi il destino
o che questo sia l’ultimo, che move
l’acque al Tirreno mar, nel repentino
schiumar dell’onde alla costa rocciosa.
Tu resta saggia, e mentre versi il vino
ogni speranza nel futuro posa,
ché sol nell’immediato è il tuo destino.
Parliamo, e il tempo invido ci divora;
fuggito è già da te, da me, lontano.
Cogli l’attimo, goditi ogni ora:
confidar nel domani è stolto e vano.
Certo la più celebre poesia di Orazio e uno dei capisaldi della poesia di ogni tempo.
Tento una mia traduzione
“Non domandarti, Leuconoe cara, (tanto non ci è dato saperlo)
in quale giorno e in quale modo,
a me, a te,
gli dei daranno la morte.
Inutile consultare le cabale di Babilonia.
La cosa migliore è accettare quello che verrà,
sia che Giove ci conceda altri inverni,
sia che questo, che oggi affatica il mar Tirreno contro gli scogli,
sia il nostro ultimo.
Sii saggia, filtra il tuo vino
e in questa vita troppo breve recidi troppo lunghe speranze.
Mentre parliamo, già ci sfugge il tempo a noi nemico.
Di ogni giorno cogli il fiore,
meno che puoi illusa del domani.”
(Trad. L.D.)
E no, non domandar, cara Leucònoe,
-illecito per noi è l’indagare –
che fine a me, a te gli Dei daranno
né creder puoi al responso delle carte.
Qualunque cosa sia devi accettarla!
Sia che Giove più inverni ci abbia dato
o che questo sia l’ultimo che sfianca
con scogliere di pomice il Tirreno:
saggia sii tu, il vino filtra e scema
ad uno spazio breve la speranza.
Sarà, mentre parliamo, invido il tempo
fuggito già: cogli il tuo giorno senza
essere fiduciosa nel domani.
Caro Pasquale, tu mi hai tirato “a cimento” ed io sono caduta nella trappola pur sapendo che non sono rapida nei miei lavori e che vedo gli sbagli solo dopo molto tempo e inoltre che non posso certamente competere con coloro che mi precedono. Qui molte cose che non mi soddisfano le vedo già da ora ma al momento non so fare di meglio. Adesso tocca a te!!!
Orazio è il poeta che scelsi come mio preferito all’esame di abilitazione :-).
.
Non chiedere-saperlo non ci è dato-
quale sorte per me, per te abbia in serbo
il Nume, nè agli oroscopi caldei
volgi domande, se accettare vuoi
meglio quel che dovrai pur sopportare.
Che molti Inverni ci riservi Zeus
o l’ultimo sia questo che il Tirreno
sfianca sulle rocciose, opposte rive,
sii saggia, filtra il vino, ed una troppo
lunga speranza taglia al nostro andare.
Mentre parliamo già fuggito è il tempo
geloso ; cogli l’ora e del domani
non ti fidare affatto.
Ottima proposta e interessanti tutte le traduzioni inserite nei commenti. Grazie
Intanto mi compiaccio per la qualità dei lavori pervenuti ( e come vi si legge la “voce” degli autori!). Del resto soprattutto per questo è stato pensato il post sul Venosino. Così ieri sera, trovato finalmente un attimo di riposo, ho raccolto l’invito-provocazione di Carla (eh, ti so bene, mascherina!). E così, stando vicino al testo e cercando di non rinnegare né me né Lui, ho abbozzato la seguente traduzione.
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Ah, no, non domandare (non è dato
saperlo) quanto tempo , mia Leuconoe,
a me concessero gli dei e quanto
a te, e trascura cabale caldee.
Oh, è molto meglio accettare il futuro
-qualunque!- , sia che più inverni Giove
ci abbia largiti o sia ultimo questo
ch’ora sfianca il Tirreno su barriere
rocciose, tu sii saggia, mesci il vino,
riporta al breve ogni lunga speranza.
Mentre parliamo, è già fuggito il tempo,
invidïoso: cogli il tuo momento,
e men che puoi confida nel domani.
***