LEO VALE (MARCO FERRARI)
Presentazione di Lidia Guerrieri
Leo Vale è, a mio avviso, un autore degno di nota. La sua poesia ha l’ andamento sciolto dei versi che si affidano alla metrica con la naturalezza e la disinvoltura di chi ha interiorizzato il ritmo; è una poesia viva e varia che affianca a composizioni “ classiche” lavori nei quali il poeta si lascia andare alla voglia di “ camminare libero”, magari frammentando l’endecasillabo ( “Alte le ali sanno / l’infinito”), alla ricerca di pause espressive, o decide di sbizzarrirsi con rime, assonanze e consonanze ( “Non è l’uggia che prende /in un giorno di pioggia” ) talvolta isolate , talaltra concentrate in quelle poesie in cui prevale proprio il piacere di giocare con la parola. In questo senso noterei la brevissima “ Giardinaggio” incentrata proprio su un riallacciarsi di suoni che diventa gioco di rime interne ed esterne. Vale si presenta come un autore per certi versi imprevedibile, capace di sorprendere, a cui ti accosti sempre con rinnovata curiosità. L’aspirazione all’infinito, il ripiegarsi nella malinconia, la riflessione sul destino di tutti noi presi nella morsa degli stessi problemi e delle stesse paure, il sogno di una vita oltre la vita in qualsiasi forma possa essere, sogno che è speranza e al contempo dubbio ( “ Il cipresso”), perché nulla ci assicura che quel che immaginiamo sia cosa possibile o pura illusione…e che pare approdare in “ Vita…morte” all’amara constatazione che tutto è nulla: lo sgomento di “sentirsi vivi” in un mondo che va in disfacimento, la sensazione dolce-amara dell’abbandonarsi al sonno, l’amorevole ricordo della nonna ci mostrano in alcune poesie il lato riflessivo, umano, profondo, sensibile di questo autore. Altre ce ne rivelano il lato-giocoso e questa varietà di note nel suo poetare fa di Vale un poeta che oggi ti commuove, e domani ti fa ridere, o magari ti spiazza…un poeta che di certo non annoia, attento a non cadere in sbavature di ritmo, pronto ad avvalersi di espressioni originali, di termini preziosi e mai banale o ripetitivo.
ALCUNE POESIE
*
Alte le ali sanno
l’infinito,
azzurre nell’azzurro
all’orizzonte.
Limite al volo l’occhio
se allibito,
il cuore se ancorato
a buie impronte.
*
La noia che m’assale lungo le ore
del giorno non è tedio,
nebbia che cela le cose alla vista.
Non è l’uggia che prende
in un giorno di pioggia,
quando un dolore etereo versa lacrime
sulle pene concrete
degli esseri che piangono, o sommessi
del troppo poco bene si lamentano.
Non è malinconia, monotonia
dei giorni che concludo sempre uguali,
quando fa buio, e l’unica speranza
è che un giorno si aggiunga
a un altro e un altro ancora.
La noia che m’assale lungo le ore
è come un buco nero in pieno sole,
l’eclisse oscura della volontà;
è amore trattenuto,
come la luce dalla gravità,
che tende al suo contrario
per il rifiuto del nulla che attende.
*
Un cipresso
Rigermogliare pianta,
per ritornare e respirare il cielo
e godere del sole
che sferza la sua voce nella scorza.
Sempre che sia possibile
che una corteccia goda della luce.
E poi ascoltare il canto, nella chioma,
e insieme al vento sussurrare ai nidi
la libertà del volo.
Sempre che il canto odano
i rami, gli aghi, i galbuli, e volare
sia volo se ideale.
Della mia stessa resina odorare
balsamici richiami mentre ingromma
e ingloba la ferita,
curando della vita l’affezione,
senza provarne il male.
E non temere l’ascia, non sentire
la scure che mi penetra, le cure
che troppe troppe volte hanno affannato
il petto e oppresso un cuore
che, tramutato in legno,
del canto e del dolore sembra indegno.
Ma, senza sensi, assorbe dal terreno
un nutrimento oscuro e senza senso,
profonda la radice tra le tombe.
E incombe l’illusione:
dirsi che forse, in forma di cipresso,
la vita non è vivere e sognare
un lucido brevissimo riflesso.
*
Nel gelo, che addomestica al riparo,
le lacrime di un cielo freddo domano
il cuore, consegnandolo all’arresto.
La resa, di chi medita di vivere
oltre il dolore, supera la soglia
della sopportazione. E nell’inedia
Il nutrimento è solo estenuazione;
o ostentazione di discernimento.
L’orrore di sentirsi vivi quando
tutto, nel mondo, va in disfacimento.
*
Il vento ha voce. Chiama tra i pluviali
della recente pioggia e delle viole
ha il suono, e quel profumo. Alta è nel cielo
la pace della notte; attento e quieto attendo
che scenda, in me, il silenzio
del sonno, dove sfumano i pensieri
nel nulla: quando ieri si fa il tutto.
– Dimentica, dimentica ora sogna.
Ripete grave un gracidio. Da dove?
– Si accorderà, si aggiusterà ogni cosa.
E il cuore? Il cuore non si scorderà
le viole. Il vento vibra ancora il suo lamento
dai canali e dagli archi e tra le canne
palustri e tra i pluviali. Adesso veglia
e sogna un cuore anfibio
il non scordato suono di viole riaccordate
a quel vago profumo.
*
Dalla finestra
Il fieno dell’alba, al confine
col sole. Il profumo, dal suolo,
risorge col canto. Risgorga,
da nidi e da tane, tra nodi
di sterpi, che celano stirpi
nascoste all’umana natura,
fragrante un sopore. Un fragore
di vita nell’erba tagliata,
che in cumuli stesa e in covoni
riposa, ed esala risposte
d’amore col suo fenicòre[1].
*
Nonna
Secca
d’un secolo di vita,
cent’anni
di storia le tue ossa.
Eppure fiamma,
ancora viva,
oltre il declino celi
nei tuoi occhi
ancora forti.
Ti staccherai serena,
compiuta e libera,
segreti avrai sottratto
e brama vinta,
accrescendo
d’una morte un mondo
e di ricordo alcuni.
*
Imprimaverire l’asfalto
Se io m’inerbassi verde mi saprei
come quel fiore quando si inasfalta,
e buca il manto in cui s’immanta, e malta
fa di quel nero incatramato. Io avrei
così il mio interno ingermogliato. I miei
reconditi pensieri alla ribalta
della coscienza che, all’incoscio, esalta
Il neo, il difetto, in cui l’ego s’innei.
Ma il fiore affiora dall’asfalto quando
il seme vi ha trovato la sua crepa
in cui precipitare. In cui marcire
per poi fiorire. Così, delirando
dal solco e alzando la testa, non crepa
l’anima mia che tenta il rinverdire.
*
Vita…morte
Cos’è la morte? Un nulla dentro il nulla
di questa vita: un viavai dentro il tutto,
ma troppo piena di dolore e lutto,
per chi si ama… amò in un nonnulla.
Cos’è la vita?! Un sogno in una culla:
amare, bere birra, fare un rutto
baciare ed abbracciare e, dopotutto,
sentirla vuota dolce colma brulla.
Cos’è sognare? Avere un’emozione:
sospiri gioia pianti canti incanti
e in sottofondo la nostra canzone,
quella che ha reso eterni i brevi istanti
di vita e morte in cui le cose buone
si evolvono nel sogno di due amanti.
*
Giardinaggio
Vango il terreno, preparo una prosa[2],
rósa è dall’acqua che cola, va via,
scola tra prode, scolmandosi. Erosa,
la prosa[3], schiude una rosa in poesia.
Leo Vale
***
Nota biografica
Leo Vale è pseudonimo di Marco Ferrari. Nato a Borghetto Lodigiano nel 1970, vive a Lodi. Perito elettrotecnico, appassionato di Letteratura e poesia, scrive in prosa e in versi. ha pubblicato nel 2008 la raccolta La brama e le immagini, con la casa editrice Montedit. Nel 2015 ha vinto il primo premio nazionale di poesia La Stampa al salone del Libro di Torino, su oltre ventimila componimenti con la poesia: Mediterraneo (anime naufraghe).
Deve però il suo approfondimento nella divertente, difficile, affascinante arte della poesia metrica al gruppo Castalia – Le Pleiadi col quale ha imparato tantissimo, soprattutto grazie alla preparatissima Lidia Guerrieri.
Nella sua produzione inedita figurano alcune traduzioni da Saffo, Alcmane, Orazio, Catullo, Baudelaire, Verlaine, Valery, Rimbaud.
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[1] Neologismo: odore di fieno.
[2] Striscia di terreno compresa tra due solchi.
[3] vd. nota 2
7 risposte
La poesia di Leo Vale, sostenuta da un talento poetico genuino, ha una forte impronta meditativa, speculativa, filosofeggiante.
Nondimeno la qualità che io più vi apprezzo è un’assidua ricerca di conoscenza e di approfondimento della parola poetica, sia in termini di varietà e di pertinenza lessicale, che di ampliamento della gamma di alternative fonetiche e ritmiche.
Trovo certi suoi calembours verbali ( v. la quartina di endecasillabi a rima alternata “Giardinaggio”) di eccellente fattura compositiva oltre che deliziosi per leggerezza e musicalità.
Caro Leo, benvenuto nel blog. Come ben detto da Lidia, i tuoi componimenti hanno il volto cangiante dell’invenzione, il gusto policromo di un uso della fantasia compositiva mai uguale o ripetitiva, che stupisce e sovente spiazza, ma che induce a riflettere. Anche nei giochi di parole, nei circoli e nei ritorni delle allitterazioni non c’è stanchezza o ostentazione di forma, ma vivace freschezza di intenti. Grazie di avere accettato di essere con noi.
E’ con vero piacere che saluto l’ingresso nel nostro, ed ora anche suo, blog di Leo Vale, di sicuro uno dei poeti più ” genuini ” e versatili che conosco nella cerchia di FB. Come dicevo nella mia breve presentazione, Vale mi piace per tutta una serie di motivi che vanno dalla sincerità della sua poesia che non si abbassa mai a pose ” di mestiere”, ma attinge al pozzo dei sentimenti, dei ricordi, delle aspirazioni, delle esperienze, a quella maniera tutta sua di passare con la massima disinvoltura da argomenti filosofici a poesie di puro divertimento, di giocare con i suoni , di cercare forme nuove…E’ un poeta che non ti stanca, che ha sempre in serbo una sorpresa, che può commuoverti e un attimo dopo farti piangere dalle risate. Per gioco l’ho nominato vicedirettore dell’Archivio Loscazzo proprio perché non disdegna qualche poesia che definirei ” stramba”…così, per divertimento ; è sulla mia lunghezza d’onda per certe cose 🙂 ( e chi non sa cosa sia l’Archivio Loscazzo è meglio che colmi questa lacuna, e alla svelta, sennò la sua preparazione è gravemente difettosa 😀 ) Un poeta bravo, intelligente, interessato a tutte le forme metriche e alla ricerca di nuovi modi per esprimersi, un poeta che non annoia…ma che si può volere di più!!!!? Benvenuto in Glosse Leo!
E’ sorprendente come questo autore riesca a trattare temi profondi e a volte ponderosi come la morte con una incredibile leggerezza. Forse è aiutato in ciò da una metrica molto musicale che addolcisce qualsiasi asperità contenutistica più che dal giocare con le parole attraverso rime, assonanze, consonanze , allitterazioni che è una caratteristica fondante della sua produzione.
La qualità della poesia di Leo Vale è subito evidente ad una prima lettura; anzi, alla lettura dei primi versi. Infatti già la prima composizione ( in sostanza quattro endecasillabi a rima alternata, franti in due emistchi, il primo sempre settenario, i secondi o quaternari con rima in -ito o quinari con rima in -onte ) immediatamente ci rivela la bravura, anche tecnica, del poeta, al quale può pure stare a volte stretto l’endecasillabo (ad Ungaretti, per primo) e per questo si apre ad altre soluzioni; ed anche -questo primo lacerto poetico- ci introduce in una realtà artistica dove la poesia, che affonda in un cuore passionale e vi mette radici, si manifesta in modo chiaro attraverso un linguaggio sempre in fieri, ravvivato da termini peregrini o addirittura da neologismi, da paronomasie e calembour, da asso-consonanze e metafore, su un registro talvolta gnomico, talaltra definitivo.
Un autore degno di attenzione.
Ringrazio tutti di cuore per l’accoglienza e per l’apprezzamento, espresso verso i componimenti, con i vostri commenti, dei quali mi sento onorato, e attraverso i quali si comprende subito di essere nel luogo giusto dove poter imparare, ancora molto, sulla Poesia che tanto ci appassiona.
Marco Ferrari…chi è mai costui? 🙂 Ahhh…un abbraccio a te Leo Vale 🙂