DUE POESIE DI PAOLO RUFFILLI
Paolo Ruffilli
Paolo Ruffilli è nato a Rieti nel 1949, vive a Treviso. Ha pubblicato di poesia: La quercia delle gazze (Forum, 1972, 2a ed. 1974), Quattro quarti di luna (Forum, 1974, 2a ed. 1976), Notizie dalle Esperidi (Forum, 1976), Piccola colazione (Garzanti, 1987, 3a ed. 1996, American Poetry Prize), Diario di Normandia (Amadeus, 1990, Premio Montale), Camera oscura (Garzanti, 1992, 3a ed. 1996), Nuvole (con foto di F. Roiter, Vianello Libri, 1995, 3a ed. 2000), La gioia e il lutto (Marsilio, 2001, 3a ed. 2002, Prix Européen), Le stanze del cielo (Marsilio, 2008, 3° ed.), Affari di cuore (Einaudi, 2011, 3° ed. 2019), Natura morta (Aragno, 2012, Poetry-Philosophy Award), Variazioni sul tema (Aragno, 2014, Premio Viareggio), Le cose del mondo (Mondadori, 2020). Di narrativa: Preparativi per la partenza (Marsilio, 2003), Un’altra vita (Fazi, 2010), L’isola e il sogno (Fazi, 2011). Di saggistica: Vita di Ippolito Nievo (Camunia, 1991), Vita amori e meraviglie del signor Carlo Goldoni (Camunia, 1993). Oltre a numerose curatele di classici italiani e inglesi. Ha tradotto: K. Gibran, Il Profeta (San Paolo, 1989; 10a ed. 2002), R. Tagore, Gitanjali (San Paolo, 1993), La Musa Celeste: un secolo di poesia inglese da Shakespeare a Milton (San Paolo, 1999), La Regola Celeste Il libro del Tao (Rizzoli, 2004, 2° ed. BUR 2007), Osip Emil’evič Mandel’štam, I lupi e il rumore del tempo (Biblioteca dei Leoni, 2013), Costantino Kavafis, Il sole del pomeriggio (Biblioteca dei Leoni, 2014), Anna Achmatova, Il silenzio dell’amore (Biblioteca dei Leoni, 2014), Boris Pasternak, La notte bianca (Biblioteca dei Leoni, 2016), Gibran, Il Profeta (Biblioteca dei Leoni, 2017). (dal sito Italian Poetry).
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IL LETTO
Il letto per l’amore
è un campo di battaglia
del mistero:
vi dura la pace
nella guerra e nel conflitto,
più si è morti
più si vive meglio
da risorti
e, colpendo,
ognuno
vuole essere trafitto.
Il sacro vi si infanga
e si bestemmia,
salvato
nel suo essere violato.
Chi cattura
vuol farsi prigioniero
e la ragione è sempre
di chi ha torto.
Qualsiasi arma
è buona
in questo corpo a corpo.
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TUTTA INTERA
Ti ho presa
e ti ho voluta:
succhiata digerita
tutta intera
polpa anima
e nocciolo.
Rimasta catturata
tenuta nelle spire
di questo mio
amore nel desire,
nel mio restare solo
vivo di te
dentro il tuo morire.
*
(Poesie tratte da P: Ruffilli, Affari di cuore, Giulio Einaudi Editore, Torino, 2011)
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(…) A dire l’intensità emotiva di questi “affari di cuore” è deputato il verso breve, talvolta scolpito in tre/quattro sillabe, che dice l’ansimo della passione, lo scoppio dei sensi. Eppure questo verso è, sì, breve, ma solo all’occhio; perché è lungo alla mente e al cuore per la dilatazione provocata dall’enjambement, per la portata semantica e per la tensione gnomica. Certo la lingua è sottoposta a severa pressione da uno scavo verbale che non fa sconti, con il supporto di un gioco di rime disegualmente disposte e con un corredo suppletivo di richiami asso-consonantici a tessere ricami di corrispondenze allusive e suggestive. (…)
Affari di cuore offre una percezione inedita e ardita dell’amore vissuto con straripante sensualità dall’io poetante che si pone anche come puntuale notatore di ogni pur minima vibrazione del cuore e dell’intelletto.( Pasquale Balestriere, Assaggi critici, Genesi Editrice, Torino, 2018)
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4 risposte
“Il letto” è tutta giocata sugli ossimori ( in una manciata di versi se ne contano ben sei).
“Tutta intera” dichiara, senza inibizioni, la natura selvaggia, aggressiva e fagocitante, esclusiva e totalizzante, dell’amore. Anche qui il poeta conclude con un ossimoro.
In entrambe le composizioni, da notare l’impiego delle rime in funzione connettiva del verso libero, ma soprattutto per rendere musicale, cantilenante, la chiusa.
In entrambi i testi il ritmo incalzante e ossimorico riesce a rappresentare l’aspetto conflittuale che ogni rapporto nasconde , in quanto momento di rottura con la dimensione individualistica che è ,insieme ,cifra esistenziale e gabbia , da cui l’incontro, a volte ,riesce a liberare. Non si percepisce ,però, a mio parere, come ci si aspetterebbe da versi dedicati alla rappresentazione del momento culminante di un rapporto amoroso , la sublimazione lirica che la poesia insegue .
In tutte e due le composizioni si dichiara esplicitamente che il rapporto amoroso è una specie di lotta, non solo di corpi. C’è un lirismo selvaggio che, attraverso l’uso ripetuto e insistente degli ossimori – come ben fatto notare nei due precedenti commenti – costruisce il conflitto, quasi che il concedersi sia una resa e una sconfitta. Una battaglia forse perduta da entrambi, in uno scontro che lascia poco o nulla di intatto sulle macerie del cuore
L’ossimoro è, in sé, contrasto, conflitto, momento oppositivo, che -a ben vedere- aspira alla sintesi, alla fusione. E ben si inserisce in un contesto di incontro/scontro amoroso.
Mi compiaccio con i commentatori che mi hanno preceduto per la qualità dei loro interventi.