MARIA EBE ARGENTI
“Maria Ebe Argenti nasce a Milano, trascorre l’infanzia e l’adolescenza nel piacentino ed ora vive a Varese, ai piedi del Sacro Monte. Durante i primi anni della giovinezza, è conquistata dal fascino della poesia, che tuttavia abbandona per occuparsi dell’educazione sana e consapevole dei suoi tre figli ed anche degli undici amatissimi nipoti, durante la loro prima infanzia.” Così leggiamo in Erano pensieri nascosti, pubblicato in proprio, Varese 2021, sulla bandella anteriore di copertina.
Dopo aver ripreso a scrivere poesie, il suo nome comincia a circolare nell’ambiente dei concorsi letterari, cui partecipa e dove spesso consegue il primo premio. Vanta al suo attivo nove pubblicazioni di poesia e una di narrativa, in cui traccia in modo vivace e coinvolgente la storia della sua vita. Insignita della Laurea Apollinaris Poetica, ha ricevuto varie altre onorificenze letterarie.
La sua è poesia “di vita“, nel senso che affonda e saldamente si accampa nella storia personale, facendosi riflessione e meditazione, fino all’accettazione consapevole del male del vivere, a lei ben noto fin dall’infanzia. E, dall’ambito personale, la sua scrittura poetica si manifesta in forme e modi più ampi e oggettivi, perché la vicenda di un essere umano non è mai solamente sua ma appartiene anche al resto dell’umanità. L’uso dell’ endecasillabo, quasi sempre fluente, suggerisce e quasi allude a un andamento corale di questa poesia.
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Via Confalonieri
“Perché mi trovo qui tra le orfanelle
al dieci della Via Confalonieri,
vestite tutte uguali, con mantelle
scarponi calze e mezzi guanti neri?
Perché seguiamo tanti funerali
sgranando le decine del rosario,
in cambio di tre pasti sempre uguali
e un letto freddo su nel dormitorio?
Ma oggi ho vesti nuove da indossare,
m’attende in salottino una mia zia,
lei sorride… mi batte forte il cuore
e insieme, finalmente, andiamo via”
Al dieci della Via Confalonieri
v’è un grande prato verde, soleggiato,
con le panchine, viottoli e sentieri.
L’orfanatrofio? Forse l’ho sognato.
—
Guardarti mentre dormi
Il vortice di petali, rubati
alle rose sul muro rampicanti,
annuncia il primo vento dell’autunno.
Un vento che scalpella e intaglia il sonno.
Mi fa male guardarti mentre dormi
con quella ruga strana sulla fronte,
solco profondo che impietoso incide
gli assidui tuoi pensieri più riposti.
Mi fa male guardarti e non comprendere
ciò che sta traversando la tua mente
nel suo fatale andare verso il porto.
Cento dubbi m’assalgono guardandoti,
tentando di capire il tuo dolore.
Vorresti forse ritornare indietro
in cerca di un passato in cui trovare
la bussola smarrita?
Il mio barlume è scettico, esitante,
non riesce neppure a rischiarare
il tremore segreto di una lacrima
stillante dal conflitto del pensato.
Non ti dirò di dirottare il corso
del tuo precario rivo disilluso
né ti dirò d’esserti stata accanto
in questa notte dubbia, senza stelle.
Il vento porta brevi scrosci d’acqua
coronando d’argento i fili d’erba:
se mai volessi contemplare un’alba,
basterebbe affacciarsi alla finestra.
—
Vorrei che tu sapessi
Anima mia, tu sai che le mie notti
non largiscono arpeggi distensivi,
perfino i sogni opprimono,
vecchi dubbi si strappano le vesti
trasformando in un incubo
un sogno che al risveglio non svanisce.
Scivola il giorno mentre sto ascoltando
leggeri scricchiolii di sentimenti
o queruli pensieri, altalenanti
dagli inferi all’empireo e viceversa.
non vi sono ragioni che s’impegnino
a spingermi al concreto delle cose,
dormono come ghiri
e il vento le disperde fra le nuvole.
Vorrei che tu sapessi che stanotte
sognavo di volare fra asterischi
di speranze che in cielo si smarriscono:
vedevo il lago, le montagne brulle,
case sparse e paesi.
Da lassù
tutto sembrava avere una ragione.
—
Aspettami
Aspettami con fede e con pazienza
lontano dalla sala operatoria
dove a ciascuno tolgono il respiro,
perché sei tu il respiro, Anima mia.
Attenta, dunque: qui non devi entrare.
Costi quello che costi, solo al corpo
è dato correr rischi ogni momento.
Invece tu sei l’Anima immortale.
M’aiuterai a lenire e ad espugnare
quel male che scompagina il mio esistere?
Vorrei vincere questa mia battaglia
anche se sono all’angolo del ring.
—
La grande indifferenza delle stelle *
È troppo forte questa luce bianca
che acceca l’incantesimo
e fa vedere solamente l’ombra.
Vieni, parliamo un poco, se ti va,
del malessere che ci turba dentro
proprio qui, dove l’ansia non può scendere.
Sono pensieri cupi, un lievitare
che grande fa la pena. Ed è dolore
per un vivere senza aver vissuto
sulla soglia dei giorni che non tornano,
dolore per il fuoco che si spegne
e per quel malinconico sentire
se nella brace non v’è più favilla.
Non ci bastava avere già dei limiti?
Ci siamo imposti pure delle regole,
oltre gli inevitabili divieti
che ciascuno dovrebbe rispettare.
Ma il vivere non puoi pensarlo un limite,
lo so che ormai si è fatto avaro il tempo
per riscrivere il saggio della vita
e un lume di candela non aiuta
la più cocente delle delusioni.
Forse nemmeno l’umile preghiera
che l’Anima stasera mi regala
sa promuovere questo sentimento
né il vento lo potrà portare in cielo.
Algida ed impassibile, lassù,
la grande indifferenza delle stelle.*
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* F. Pessoa, Il Libro dell’inquietudine.
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2 risposte
Nella poesia di Maria Ebe Argenti, poesia della memoria e sonente di taglio epistolare, le assorte e vigili meditazioni sulle vicende dell’esistenza sono narrate nella cadenza ampia e armoniosa degli endecasillabi, non di rado sdruccoli, a volte frammisti a settenari, talora in rima alternata così che l’esposto diviene distaccato,cullante, cantilenante.
La collaudata perizia nella gestione dell’endecasillabo è il dato saliente di questa scrittura poetica e le conferisce una musicale eloquenza.
Belle poesie; mi colpisce “ Guardarti mentre dormi”…è talmente spontaneo e umano questo atteggiamento! guardare qualcuno che si ama mentre è così indifeso e lontano da tutto. C’è, qui, una toccante partecipazione al dolore della persona cara, lo strazio di chi sa di non poter fare nulla per alleggerire il suo fardello. Monadi nasciamo e così moriamo, chiusi e soli nei momenti di maggiore difficoltà e, in ultima analisi, sempre. Quando il poeta o l’uomo di fede immaginano l’ anima nello stato di beata armonia di un Paradiso, è perchè è questa la condizione che il nostro io desidera: la fine dell’isolamento, della gabbia che ci separa dagli altri e che per noi è il maggior limite e la maggior pena. A pensarci è angoscioso : soli, in viaggio verso non si sa quale meta, incapaci di evitare la vecchiaia e la morte, e perfino di trovare una ragione certa al nostro esistere. Sola compagna è la nostra Anima, bene di inestimabile valore, che la poetessa tratta amichevolmente, sua confidente e sua speranza, per ognuno divisa eppure tutt’uno col corpo in questo breve viaggio terreno. E chi crede nell’esistenza dell’anima è già fortunato, perché almeno ha la convinzione che c’è un motivo per ogni accadimento, che viviamo per uno scopo, che esiste un dopo di amorevole comunione e che l’uomo di buona volontà conosce la strada per poterne far parte.