Pasquale Balestriere su G. Barberi Squarotti

 

                      LA SCRITTURA POETICA

            DI GIORGIO BÀRBERI SQUAROTTI

       Spunti per riflessioni e approfondimenti

                         di Pasquale Balestriere

 

Premessa

La nota che segue si riferisce in particolare a due pubblicazioni di Giorgio Bàrberi Squarotti, Lo scriba delle stagioni (Samperi editore, Castel di Judica -CT-2008) e Gli affanni, gli agi e la speranza (L’arcolaio, Forlì, 2009), ma anche ad altre sue opere poetiche  che ho avuto occasione di leggere  e apprezzare. E mi conforta notare che, anche dopo la lettura dell’opus magnum Dialogo infinito, poderosa pubblicazione che in  due volumi (curati da Valter Boggione, Genesi Editrice, Torino, 2017, pp. 2240) raccoglie la quasi totalità dell’opera in versi di Barberi Squarotti, la mia visione della sua poesia sia rimasta identica. Confermata.

Qui dunque si riflette sul poeta. Senza nulla togliere alla grandezza  dell’esegeta, del saggista e del critico letterario.

L’approccio

Accostarsi a un prodotto artistico, in qualsiasi forma si manifesti (grafica, iconica, fonica, ecc.) è sempre un’avventura da vivere con pienezza di cuore, più ancora se ci si imbatte in testi poetici come quelli di Giorgio Bàrberi Squarotti che hanno la peculiarità  di avvincere solidamente il lettore -su cui l’artifex esercita una soave e tersa sovranità- prendendolo per mano e guidandolo in un percorso di ammaliante bellezza  fino all’ultima pagina del libro. E ciò avviene per l’interazione che immediatamente si stabilisce tra mittente e destinatario, basata sull’aspetto verbale (immediatamente comunicativo e comprensibile sotto il profilo denotativo, come -immagino- doveva essere il linguaggio dantesco per i lettori fiorentini del Trecento) , sulla capacità poetica e sulla dimensione più puramente icastica o rappresentativa: infatti Bàrberi Squarotti non alza  steccati e barriere linguistiche (come spesso in passato è accaduto e come  ancora accade)  ma anzi si produce solitamente in una scrittura di una semplicità e naturalezza disarmanti, democratica mi vien da dire; e la sua forza creativa, rompendo gli argini dell’interiorità, s’ incarna in immagini e figurazioni oggettivamente vive e fascinose.  Perciò il lettore può avere l’impressione di aver capito tutto. E non è quasi mai così,  perché la semplicità è nel lessico e, in parte, nella sintassi (che talvolta pure presenta una certa complessità), non già negli aspetti della costruzione poetica o in quelli figurali e semantico-esegetici. Ciò capita perché il poeta affida – com’è giusto –  alla parola il ruolo di svelamento se non del mistero, almeno di qualche verità o di qualche grazia (  quest’ultima nell’accezione più ampia del termine, ma in particolare come elemento o aspetto della più generale  bellezza, e da percepire, secondo i casi,  come affetto, beatitudine, cortesia, predilezione, armonia, concessione, benedizione, benevolenza, favore, venustà, leggiadria) che dia gioia e luce all’esistenza. Resta che già l’amplissima gamma di significati del termine “grazia”, pietra angolare nella poesia di Bàrberi Squarotti,  ne dice con chiarezza la pregnanza polisemica.

Alla fine conta poco che il lettore comune non colga la bellezza di tale poesia fin nelle pieghe più riposte, bastandogli e avanzandogli una semplice immersione vivificante in questo mare pullulante di fantastica vita.

Il mondo interiore

È l’humus della poesia, il luogo dove si agitano passioni e pulsioni, dove impattano, più o meno violentemente, le impressioni provenienti dell’esterno, dove lo spirito è chiamato a prendere posizione,  e il poeta, fabbro incandescente, a produrre versi. E Bàrberi Squarotti, produce versi di vita, che cantano la bellezza, la grazia , la giovinezza, la donna, la speranza. Insomma tutto ciò per cui val la pena di venire alla luce.

Il suo mondo interiore è di un’ampiezza  e ricchezza straordinarie, in parte per doti naturali, in parte per assiduità di letture, di esperienze culturali e di confronto con i grandi del passato, richiesta peraltro dalla sua condizione di saggista e di critico letterario ma, ancora di più,  voluta dalla sua curiosità intellettuale.

E la situazione poetica è questa, che in un sostrato di grande spessore culturale e di acutissima e affinata sensibilità germina e quasi deflagra in versi  ogni aspetto e occasione della vita.

In fervida interpretazione. 

Il processo creativo 

Vediamo ora di ricostruire il processo creativo di Bàrberi Squarotti nei suoi vari passaggi. Si parte dall’occasione che sempre siede in un dato reale (un’immagine, un paesaggio, una figura, ecc.), quello che risveglia l’emozione in cui si concentra tutto il mondo esterno e in cui questo, perdendo ogni connotazione di materialità e urgenza, si risolve e si esaurisce; perché impiega poco il poietès a trovare il varco per un’altra dimensione, aprendo e imboccando la porta che lo immette in un’atmosfera sospesa tra l’onirico, il surreale e il visionario, meravigliosamente nuova e viva, seppur rarefatta e luminosa; percorsa da notazioni allusive, allegoriche, metaforiche, analogiche; segnata da provocazioni culturali e morali, da scarti linguistici e semantici.

Tecnicamente, a realizzare questo  passaggio ( se non, addirittura,  fuga dal reale ), basta il cambio repentino di un modo o di un tempo verbale (o una loro alternanza ), di una scena, di una prospettiva.

Nella nuova realtà il poeta è libero e leggero: sprigiona la sua creatività senza ostacoli e limiti,  obbedendo ad una sola regola, quella estetica, e a un solo imperativo, peraltro nobilmente  eudemonistico, quello del dire (anche se talvolta la realtà rappresentata si mostra deformata e paradossale, se non tragicamente ironica o grottesca). In altre parole la poesia di Bàrberi Squarotti  poggia sulla necessità di ricercare e di ri-creare poeticamente la bellezza che diviene terapia del dolore, antidoto ai mali, soccorso alla speranza; pur se, al fondo, non si fatica a trovare la consapevolezza della sofferenza  e della violenza che intridono la vita.

In conclusione il poeta torinese si tira fuori, come il Foscolo delle Grazie, dal quotidiano: con la differenza che, mentre nel secondo si completa un processo di astrazione per cui ogni elemento della sua creazione si compone in un’assorta atmosfera di imperturbabile serenità, di bellezza e di armonia sovrumane, in Bàrberi Squarotti non muore per oblio la coscienza della storia; anzi l’amara coscienza della vacuità della storia è sottesa ad ogni suo momento creativo, spesso condito di salvifica ironia.

La figura femminile 

Momento centrale dell’avventura poetica squarottiana, la donna è spesso colta nella sua corporeità giovane e fresca, in lieve e quasi aerea nudità, in innocente sensualità  e talvolta in una quotidianità da cui cerca di svincolarsi;  o nell’atto di evadere (nel senso di uscire quasi  fisicamente) da una rappresentazione iconografica per collocarsi in un’atmosfera surreale: in tutti  i casi la figura femminile, oltre a significare l’ideale della bellezza ( della quale Bàrberi Squarotti è assolutamente  innamorato in tutte le sue forme, naturali e artistiche), si carica di valori simbolici, poiché per la sua stessa gioventù rappresenta la speranza, necessaria alla vita dell’uomo. Non a caso  il termine “speranza” si aggiunge al secondo emistichio dantesco di Purg. XIV, 109 (“le donne e’ cavalier, li affanni e li agi”) a formare il titolo di una raccolta del nostro poeta ( Gli affanni, gli agi, la speranza)  e figura anche in un altro suo titolo  (I doni e la speranza, Roma 2007). E, già che ci siamo, un ulteriore  e quasi identico ammicco dantesco (“fra l’affanno e l’agio”) è ne La declamazione onesta, Rizzoli, Milano 1965 (Le carte imperfette, v. 27, p.27).

L’immagine muliebre, percepita e colta in vari contesti situazionali ( per strada, in treno,  in un prato, in un ufficio postale, in un quadro, nello svolgimento di attività casalinghe, ecc.) serba poi nella sua accentuata carnalità – seni, fianchi,ventre – il presagio della maternità che apre nuove vite e garantisce il futuro. E questo, al di là di ogni piacere estetico.

In ogni modo l’imponente occorrenza della figura femminile contribuisce a creare, in ambito simbolico-concettuale, un sorta di campo semantico che conferisce alla donna una serie di attribuzioni – bellezza, gioventù, speranza, ideale –  tali da farla ritenere  fonte di ispirazione,  primaria e insostituibile, nella poesia di Bàrberi Squarotti.

I livelli di lettura 

I testi del poeta torinese sono fruibili  a più livelli di lettura e nel grande mare di questa poesia ognuno ci naviga secondo le sue possibilità.

Al primo ed elementare livello denotativo ci arriva ogni lettore, che può accontentarsi di immagini immediate, fresche e suadenti. Solo i lettori più colti, sensibili e audaci, capaci di cogliere e  decrittare allusioni e scarti, citazioni e rimandi, trasposizioni e contaminazioni, possono accedere a livelli sempre più elevati di godimento estetico, poiché in questa poesia l’ampia cultura dello studioso si è messa a disposizione del poièin, innervando la potenza creativa, visionaria e “disfrenata” del poeta. L’ultimo aggettivo, che ricorre con una certa frequenza, anche nella sua forma avverbiale, nella silloge Lo scriba delle stagioni e in altre opere, evoca, anche per ragioni semantiche, allusioni surrealistiche.

Una scelta di libertà e di godimento estetico consiglierebbe una lettura senza bussole, rotte o scandagli. Senza prudenze o prevenzioni. Attratti semplicemente dalla promessa di avventura.

Il rischio

La scrittura poetica di Bàrberi Squarotti possiede peculiarità meravigliose e una compattezza poematica oggi molto rara. Tuttavia il poeta corre il rischio, non solo nell’opinione comune ma anche nella valutazione di esperti poco attenti, di essere messo in ombra dal saggista o dal critico letterario. Se ciò accadesse, sarebbe un’autentica ingiustizia, poiché a mio parere nulla il poeta ha da invidiare al critico; e testimonierebbe, quanto meno, la disattenzione degli addetti ai lavori, ossia di coloro che esercitano l’attività critica con l’occhio rivolto anche al presente. Se questi studiosi fossero più “militanti”, non avrebbero difficoltà ad accorgersi della perspicua novità di questa poesia e della straordinaria portata di questo poeta che può diventare un autentico caso letterario. Un po’ come è accaduto per Campana e Rimbaud, poeti che certamente non sono estranei alla sua formazione e alla sua sensibilità.

Concludendo 

La poesia di Bàrberi Squarotti danza tra sintomi di carnalità generosamente ma innocentemente impudichi, figurazioni naturali e umane colte nella loro unicità e nel portato allegorico, balzi onirici e visionari, guizzi allusivi e simbolici,  scarti semantici e analogici, ardenti fulgurazioni; penetra nel mito,  percorre la storia, la Bibbia, i grandi poemi antichi e moderni, le letterature, l’arte (pittura in particolare), scardina le categorie spazio-temporali. Con andamento incalzante.

La verità è che al Nostro basta poco per spiegare le ali della poesia: un quadro, un tramonto, una scena, un tremito di vento, una luce improvvisa e particolare. Così sono i veri poeti: sensibilità vibratile ad ogni minima provocazione, cassa di risonanza di ogni fremere di vita. Così è lui che sontuosamente ammannisce poesia, procedendo spesso per accumulazione e rovesciando sul foglio un flusso di coscienza oggettivamente lirico, incarnato in un tessuto linguistico prosodicamente andante, metricamente nuovo e vario, su base endecasillaba.

Nessuno si chieda chi sia “ lo scriba delle stagioni”. È lui, il nostro poeta, il solerte notatore del tempo, anzi dei tempi, della vita, il demiurgo che infonde il suo ànemos  nel mondo che crea.

In fondo Giorgio Bàrberi Squarotti, come tutti i grandi poeti, con la sua poesia “di visione” porta al proscenio la vita. La sua,  la nostra.

Pasquale Balestriere

 

P.S. Riporto qui le parole di Barberi Squarotti a commento del breve saggio che ho postato:”“Le sono infinitamente grato della “lettura” tanto generosa e acuta delle mie poesie: ha colto nel modo più suasivo e rigoroso le ragioni del mio scrivere, e le Sue parole mi onorano e mi incoraggiano ad andare avanti, a malgrado dell’età e dei molti acciacchi.” ( lettera del 21 novembre 2012).

E, in occasione di un riconoscimento  a questo saggio conseguito al premio Silarus, egli scrisse:“ Festeggio con Lei il premio che mi coinvolge, e Le sono grato dell’onore che mi ha fatto, dedicando il Suo impegno critico ai miei versi. Anzi, è commozione e, al tempo stesso, è sollecitazione e invito ad andare avanti nello scrivere (…) E la Sua poesia? Verrà l’occasione di un buon incontro? “ (lettera del 21 luglio 2013).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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8 risposte

  1. La poesia prosimetrica di Giorgio Bàrberi Squarotti è costituita da polimetri formati prevalentemente da versi dispari, endecasillabi, novenari e settenari, che conferiscono al dettato il ritmo gradevole e l’ampio respiro propri di queste classiche misure.
    Questa eufonia, unita alla limpidezza dell’esposto, rendono queste composizioni particolarmente accattivanti.
    Detto ciò, sono rimasto ammirato dall’excursus critico di Pasquale, un’esegesi veramente esemplare, che unisce chiarezza, profondità ed esaustività.
    A questo proposito è notevolissima la varietà e la proprietà terminologica.
    Un modello prezioso per chi voglia cimentarsi nel non facile campo della critica letteraria.

    1. Grazie, Luciano. Tu sai che la tua stima per me è ampiamente ricambiata.
      A titolo di codicillo vorrei aggiungere che, in questa marea contemporanea di poesia sperimentale, troppo spesso pretenziosa e vacua se non ridicola, dove quasi sempre quelli che più si agitano sono individui di scarso spessore culturale e di studi lacunosi, abituati a condannare prima ancora di capire, Giorgio Barberi Squarotti ha segnato una strada di serietà e di novità, inventando un tipo di poesia molto personale, nutrita di sapere, certo, ma anche pervasa da una creatività surreale e onirica, con sfagli epifanici e avvolgenti. Mi fermo qui. Ma che Barberi Squarotti sia un poeta esemplare è fuor di dubbio.

  2. Caro Pasquale, grazie per aver ricordato l’amico Giorgio. L’avevo conosciuto a Pontinia in occasione di un Premio letterario che si teneva colà anni or sono. Non so come, ma pian piano divenimmo amici e ci scrivevamo regolarmente.
    Mi fece anche l’onore di farmi la prefazione a “E adesso in forma antica vo rimando” silloge di oltre 150 sonetti. Avrebbe dovuto presentarla lui qui a Ferrara e per circa una ventina di giorni fui totalmente presa dall’organizzazione dell’evento. Non mi preoccupavano l’albergo e i ristoranti, dato che era molto parco nel mangiare, ma i tour per la città affidati ad una amica, molto meno parca di lui – che viaggiava sempre in coppia con un’altra quasi fossero sorelle siamesi – la quale, avendo il pass dell’auto per il centro urbano, avrebbe potuto accompagnarci senza che facessimo alcun passo a piedi. Infatti Giorgio aveva una piccola ferita, che non riusciva a rimarginarsi, ad una gamba e questa cosa lo faceva soffrire molto . Però, quasi alla vigilia, con mio grande rammarico, disdisse l’appuntamento, forse sconsigliato dai figli che giudicavano troppo faticoso il viaggio per il congiunto.
    Premetto subito che la poesia di Bàrberi Squarotti non mi ha mai presa particolarmente però devo riconoscere che ha un’impronta molto originale. Un artista, in qualsiasi campo egli operi, deve poter essere riconosciuto di primo acchito senza bisogno che si firmi. Solo così passerà ai posteri. Le donne discinte di questo scrittore, nella loro innocente impudicizia, sono il sigillo, il marchio che lo contraddistingue rendendo unica e inimitabile la sua poesia così come lo è, in altro campo, il canarino in basso a destra di alcuni dipinti anonimi di Antonello da Crevalcore secondo l’opinione di Vittorio Sgarbi.
    Credo che il tempo rivaluterà molto il nostro amico circa questo lato un po’ meno apprezzato della sua vastissima produzione. Se lo merita.

    1. Sono convinto che Barberi Squarotti abbia scelto, nel suo fare poesia, una strada di serietà, ignota a molti pseudopoeti odierni. Nella sua lunga ricerca stilistico-estetica ha sempre seguito una linea autonoma, con approdi che a me paiono assolutamente inediti nel panorama della poesia contemporanea.

  3. Ho letto con interesse questo tuo saggio, Pasquale, e anche i commenti di Luciano e di Carla, dotti e degni anch’essi di plauso, ma quello che posso dirti è una cosa del tutto diversa e cioè che la lettura del tuo saggio, così completo, chiaro, profondo, ha assolto, per quanto riguarda me, uno dei compiti per cui un blog nasce, ossia mi ha aperto un mondo risvegliando in me, lettore qualsiasi, l’interesse per un poeta che, mea culpa, non ho mai cercato di conoscere davvero. La critica è un mondo alieno per me…ne riconosco l’importanza, capisco il valore del lavoro di chi sa penetrare l’anima e le esperienze di un poeta nei loro aspetti più complessi e sottili, ma è un lavoro al quale non mi sento portata per cui ho sempre evitato di farne esperienza. Pertanto non leggerò Barberi Squarotti critico.., ma cercherò di entrare in maggior confidenza con Barberi poeta perché quello che posso scorgere dalla soglia del suo mondo che tu, generosamente, hai aperto per me e per altri come me , è un territorio ricco, vasto, arioso che di sicuro varrà la pena esplorare.

    1. Più in là allestirò un post/ricordo di Barberi Squarotti, nel quale, oltre a qualche notizia biografica (che peraltro si può leggere dappertutto), pubblicherò un po’ di sue poesie. Sarà una presenza importante in questo blog. Ed è un dovere morale ridare voce a un grande poeta e a un amico gentile e generoso.

  4. Eccomi, Pasquale.
    Intanto ti ringrazio per avermi (con decisione unilaterale…) inserito tra i collaboratori del blog (che saluto tutti, dagli amici di vecchia data, Carla, Giannicola, Tino, alla Lidia Guerrieri che non conosco, ma che ho già avuto modo di apprezzare per i suoi contributi al blog).
    E ti chiedo anche scusa per il ritardo con cui mi faccio vivo; ma tu sai bene che il mio tempo è ormai indivisibile e tutto dedicato.
    Quanto all’omaggio che tu dedichi a Giorgio Barberi Squarotti (ho avuto il privilegio di essere stato membro nella Giuria da lui presieduta al “Città di Pontinia”), si tratta di un vero e proprio saggio (come bene sottolinea Lidia Guerrieri), un excursus che illumina la sua produzione meno celebrata, ovvero quella poetica, e fa giustizia della colpevole sottovalutazione che fino ad ora ne hanno fatto i critici di professione, attenti perlopiù alla sua più nota, ma altrettanto eccelsa, attività di critico letterario.
    Non so cosa si potrebbe aggiungere alla tua magnifica ed esaustiva nota, se non la ovvia chiosa che la poesia di Giorgio Barberi Squarotti brilla non già di luce riflessa (di quella che cioè promana dalla sua produzione critico-esegetico-letteraria), ma essa brilla, e lucentissima, di luce propria.
    Ho qualificato come ovvia la mia notazione, ma alla luce delle tue considerazioni, e in riferimento alla ricordata sottovalutazione dei critici nei confronti della produzione poetica di Squarotti, la mia chiosa tanto ovvia non appare. A questo riguardo la disattenzione dei critici sembra avvalorare l’affermazione che ne “Il Piccolo Principe” ripete il protagonista del celebre romanzo di Antoine de Saint-Exupery, ovvero che “l’essenziale è invisibile agli occhi”. Sì, perché solo con profondità di cuore e di visione (come appunto nella tua illuminata rassegna, Pasquale) è possibile scorgere e certificare l’essenziale e l’ “invisibile” nella poesia di G.B.Squarotti, alfiere di una gioiosa, audace, liberata, innovativa poetica polisemica e polimorfa. Non più, dunque, una poetica esclusiva e monotematica; no alla poesia del cuore, no alla poesia lirica, alla poesia civile, no a quella descrittiva intimistica pedagogica celebrativa estetico/accademica…
    No a tutte le poetiche individualmente elette come monotematiche, ma sì a tutte queste se declinate insieme e contestualmente, senza discriminarne alcuna, ma tutte riconoscendole degne di cittadinanza creativo-artistico-immaginifica e come patrimonio di una sola voce, come appunto nel caso di Giorgio Barberi Squarotti. Ed è facile verificare l’assunto, osservando ad esempio come il Nostro passi, con naturale disinvoltura, dal lirico al materiale, dal metaforico al reale, dal didascalico/descrittivo al simbolico; e ancora al sensuale all’amoroso all’onirico al sentimentale all’ironico, in un caleidoscopico e cangiante campionario di poesia ad alto, costante tasso immaginifico e visionario. Il tutto in una potente e insieme agile complessità concettuale, che in filigrana lascia anche “leggere”, per il lettore più avveduto,
    la fatica del vivere, la precarietà e il mistero dell’umana condizione esistenziale; tutti aspetti, questi, che non risultano estranei al dettato poetico di G.B.Squarotti.
    Insomma una poesia, quella dello scrittore torinese, di cui ognuno può  fruire secondo i suoi “livelli di lettura” (come  acutamente tu osservi), e in cui, a seconda del registro che maggiormente lo coinvolge, ognuno può riconoscersi, nonché ritrovare parte del suo vissuto reale, o anche solo immaginato, sognato, sperato, essendo molteplice e variegata la straordinaria offerta poetica del nostro Autore; un’offerta che attraversa tutte le sfumature del vivere e ne illumina le più riposte valenze; ma anche un’offerta che ci indica le più segrete, nuove e inesplorate vie dell’Ars Poetica.

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