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Lidia Guerrieri su Trilussa

Ritengo opportuno riproporre in pagina questo simpatico commento di Lidia Guerrieri al post “Er gatto socialista” di Trilussa.

 

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Se Trilussa mi piace? Sì, e molto. Confesso che non mi sarebbe mai piaciuto se non avesse amato il Belli e se avesse preso la tessera fascista, ma dato che non si è macchiato di nessuna di queste due “colpe,” lo promuovo fra i miei autori preferiti. Certo, una parte di me ha tentennato un po’ prima di abbracciarlo a pieno cuore, perché Trilussa ha italianizzato il dialetto per questioni editoriali e questo mi c’è voluto un pezzo a digerirlo, ma bisogna pur vivere ! e poi, insomma…anche il romanesco doveva evolversi !…è cosa inevitabile e naturale. Inoltre, pur sentendomi più in sintonia con quel mezzo sciagurato di Gioacchino ( per inciso meno canaglia di quel che vuol sembrare ), e più vicina alle sue sfuriate che alla compostezza di Trilussa, sono costretta a riconoscere che a volte Gioacchino rischia di rovinare qualche digestione, e che un po’ di compostezza non guasta dato che non tutti i lettori sono “di bocca buona”. In Trilussa si ritrovano i temi classici della poesia, dalla riflessione sul tempo  alla nostalgia, alla condanna della guerra, cosa anche inutile a dirsi dato che questi temi sono ovunque e sempre continueranno ad esserci , ma le poesie che hanno protagonisti gli animali sono quelle che conquistano tutti, anche i lettori più piccoli…chi non ne ha lette alcune perfino alle Elementari ? Chi non conosce “er leone riconoscente” che mantiene la promessa “ più mejo d’ un cristiano” soddisfacendo in un colpo solo gli interessi del tenente e del proprio stomaco, e non ricorda ancora la chiusa che da bambini ci prendeva alla sprovvista “ la promozzione è certa e te lo dico perché me so’ magnato er capitano “…?e qui devo riconoscere che l’italianizzazione è stata utile perché un piccolo lettore, neanche di Roma, si sarebbe trovato a suo agio di fronte alla lingua del Belli. Sono queste del bestiario le poesie adatte a tutti, leggibili anche solo come storielle divertenti, ma capaci di offrire un quadro vivo e vario dei vizi della società borghese, rappresentati con sottile, acutissima sagacia, e mai appesantiti da condanna o insegnamento, cose che il poeta lascia al libero giudizio ed alla sensibilità del lettore. È vero quel che dice Carla Baroni : non è facile castigare con l’ironia, ed è vero anche che se la poesia si accompagnasse di più all’ironia avrebbe più fortuna presso i lettori. Per quanto mi riguarda posso dire che, come lettore, preferisco qualcosa che mi alleggerisca l’anima, e, come scribacchina, buttar giù un sonettuccio allegro, anche sfrontato ( e possibilmente in romanesco) è molto soddisfacente perché rallegra me e so che allieta chi legge. E anche se i like non significano nulla, ho notato che una poesia leggera ha molti più lettori di una impegnata perché le persone hanno bisogno di leggerezza…è già abbastanza tragico vivere in un mondo come questo.

 

Lidia Guerrieri

 

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7 risposte

  1. Cara Lidia, bello questo tuo commento quasi enciclopedico. Tuttavia soprattutto in una cosa non sono d’accordo con te, anche se probabilmente detta con ironia per rimanere nel clima di leggerezza dell’argomento. Gli autori vanno apprezzati soltanto per il loro modo di scrivere e non facendo distinguo per tendenze politiche, sessuali o stile di vita. Altrimenti molti di loro sarebbero esiliati dalle nostre conoscenze.

    1. Dici bene, cara Carla, lo capisco e so che sei nel giusto, che si dovrebbe fare così…ma , vedi…tu ragioni con la tua preparazione, con la tua acuta intelligenza, con raffinata sensibilità e con rigore critico, io vado avanti ” di pancia” per cui, anche se con la testa mi rendo conto che non dovrei pormi così davanti ad un autore, poi nel concreto….ehhhh !!!se non mi sfagiola come persona per me ha chiuso! Io non conto niente, lo so, però ha chiuso lo stesso…Ha voglia ad essere Nobel, coronato, col mantello di ermellino, lo strascico, lo scettro, tutto quel che gli pare. Che D’Annunzio sa scrivere lo vedo, ma per me può andare a farsi benedire lui, il fascio ( che c’entri poco o tanto di sicuro c’entrò più di me), le amanti, i vizi, le stravaganze, la villa, il superuomo, e tutto l’ ambaradan. Il cervello mi direbbe che vale come poeta, ma siccome non mi piace come uomo, piuttosto che spendere una parola in sua lode mi mordo la lingua. Per mia fortuna non sono un critico per cui non mi sento in dovere di essere intellettualmente onesta con tutti indistintamente. Tu fai bene a pensare come pensi, non direi mai a nessuno di fare come me, so che la tua via è quella giusta, e te la lascio tutta…io prendo il mio fagotto, il mio sentieretto di campagna e il Vate lo liquido in due parole : lui stia a casa sua e io a casa mia. Amen

  2. Da quel che leggo sopra sembra quasi che D’Annunzio abbia vinto il Nobel. Allora quali sono gli altri rifiutati non per meriti o demeriti artistici ma per iscrizione a un partito o perlomeno per essere simpatizzanti di qualche corrente politica? Mi piacerebbe saperlo adesso che sto “rinnovando” la mia cultura attraverso i canoni estetici di questo blog! Per fortuna che qui non c’è la Siberia.

  3. Non intendevo dire che è D’Annunzio che ha vinto un Nobel, parlavo in generale di un qualsiasi ipotetico artista . Resta il fatto che il Vate fama ne ha avuta in abbondanza . Riguardo ad eventuali altri rifiutati non per demeriti artistici ( non esiste l’alternativa “ per meriti”), ma per iscrizione a un partito, non so nulla nè mi interessa saperlo; può darsi che ci sia stato qualche caso, anzi mi meraviglierei del contrario dato che a questo mondo l’ inciucio è ovunque, ma credo che sia difficile saperlo perché certe cose si fanno, sì, ma chi le fa sa come muoversi per cui una ricerca in tal senso resterebbe nell’ambito del pettegolezzo, del sospetto, dell’ipotesi. Comunque il Nobel…sì, è gran cosa, certo, chi lo riceve di certo uno che vale, ma non è detto che sia il solo…altri non l’hanno avuto e magari non erano inferiori e c’è anche chi l’ha rifiutato. Riguardo ai tuoi canoni estetici credo che siano al sicuro: l’ambiente del blog, colto ed esperto, è sicuramente in sintonia con essi e non dovrai affaticarti a rivedere alcunchè: sei un’ottima poetessa, un critico di prim’ordine, una donna degna di rispetto come artista e come studiosa, ma io non cerco l’approvazione di chi legge quelle tre parole che scrivo, non cerco di mascherarmi da critico: non lo sono, non ho la preparazione, e non ce l’ho perché è un campo che non ha mai risvegliato il mio interesse…apprezzo il linguaggio raffinato del mestiere, l’intuizione, l’analisi disciplinata, ma qui mi fermo; dal canto mio dico quel che penso senza la pretesa di aver ragione. Quanto all’accenno alla Siberia, se intendi dire, come credo, che se tutti avessero la mia stessa mentalità rigida e ristretta qualcuno finirebbe in Siberia solo perché non mi/ci piace..direi che un minimo discernimento e un po’ di senso giustizia ce l’abbiamo anche noi, e bilancerebbe l’istinto ferino, ma non escluderei del tutto questa possibilità…in qualche caso potrebbe anche accadere… e sarebbe una gran bella soddisfazione!!

  4. Il tuo metodo, Lidia, di accettare un autore solo se è in sintonia e in empatia con le tue idee e il tuo sentire, a prima vista sembra un atteggiamento istintivo e irrazionale, estraneo ai canoni di una critica corretta.
    In realtà, molte volte, nel contesto di una valutazione critica, accanto a una serie di rilievi oggettivi, c’è sempre, più o meno dichiarata, una componente soggettiva che corrisponde al gradimento personale, del critico nei confronti dell’artista.
    L’entità di questo gradimento dipende non solo dalle qualità dell’opera artistica in senso stretto ma anche da una fama extraletteraria, da dati biografici e ideologici dell’autore.
    Il tuo atteggiamento è molto risoluto e “tranchant” e tu non lo nascondi, ma io credo che sia presente in molti casi, seppur non dichiarato.

    1. Pienamente d’accordo, caro Luciano. Possiamo tranquillamente affermare che non esiste critico letterario completamente oggettivo. Ciò è dovuto alla singolarità di ogni essere umano, che consegue alla sua formazione, alle sue esperienze civili, sociali e culturali, all’unicità di ogni singola vita. Con tutto ciò che ne deriva. La differenza d’obiettività la fa il quantum.

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