LEVIA – Trilussa, Er Gatto Socialista

 

Questa volta sorridiamo. Con una poesia di Trilussa e con  gatti “politici” (a dire il vero sono stato a lungo incerto se virgolettare gatti o politici).

 

Er Gatto Socialista

Un Gatto, che faceva er socialista
solo a lo scopo d’arivà in un posto,
se stava lavoranno un pollo arosto
ne la cucina d’un capitalista.

Quanno da un finestrino su per aria
s’affacciò un antro Gatto: – Amico mio,
pensa – je disse – che ce so’ pur’io
ch’appartengo a la classe proletaria!

Io che conosco bene l’idee tue
so’ certo che quer pollo che te magni,
se vengo giù, sarà diviso in due:
mezzo a te, mezzo a me… Semo compagni!

– No, no: – rispose er Gatto senza core
io nun divido gnente co’ nessuno:
fo er socialista quanno sto a diggiuno,
ma quanno magno so’ conservatore!

Trilussa

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4 risposte

  1. Questo gioiellino di Trilussa appartiene a un genere che – a torto – viene considerato minore in campo letterario. Infatti credo che siano ben pochi gli autori satirici che abbiano ricevuto il premio Nobel, lasciando a parte Dario Fo che aveva molte altre frecce al suo arco.
    Invece i nostri vecchi si divertivano immensamente a leggere queste operine di fine umorismo e scritte in una forma perfetta, senza sbavature, come “I sonetti della Sgneira Cattareina”- libro adesso introvabile – di Alfredo Testoni autore tra l’altro di “Il Cardinal Lambertini “. Trilussa è sopravvissuto, Testoni non so.
    Da notare che il ” ridendo castigat mores” è difficilissimo, molto più di quanto lo sia comporre un’opera seria. E reputo anche che se si desse più spazio a questa categoria – ossia la satira – lo scrivere in versi non sarebbe, circa il numero dei fruitori, la Cenerentola della letteratura.

  2. Se Trilussa mi piace? Sì, e molto. Confesso che non mi sarebbe mai piaciuto se non avesse amato il Belli e se avesse preso la tessera fascista, ma dato che non si è macchiato di nessuna di queste due “colpe,” lo promuovo fra i miei autori preferiti. Certo, una parte di me ha tentennato un po’ prima di abbracciarlo a pieno cuore, perchè Trilussa ha italianizzato il dialetto per questioni editoriali e questo mi c’è voluto un pezzo a digerirlo, ma bisogna pur vivere ! e poi, insomma…anche il romanesco doveva evolversi !…è cosa inevitabile e naturale. Inoltre, pur sentendomi più in sintonia con quel mezzo sciagurato di Gioacchino ( per inciso meno canaglia di quel che vuol sembrare ), e più vicina alle sue sfuriate che alla compostezza di Trilussa, sono costretta a riconoscere che a volte Gioacchino rischia di rovinare qualche digestione, e che un po’ di compostezza non guasta dato che non tutti i lettori sono “di bocca buona”. In Trilussa si ritrovano i temi classici della poesia, dalla riflessione sul tempo , alla nostalgia, alla condanna della guerra, cosa anche inutile a dirsi dato che questi temi sono ovunque e sempre continueranno ad esserci , ma le poesie che hanno protagonisti gli animali sono quelle che conquistano tutti, anche i lettori più piccoli…chi non ne ha lette alcune perfino alle Elementari ? Chi non conosce “er leone riconoscente” che mantiene la promessa “ più mejo d’ un cristiano” soddisfacendo in un colpo solo gli interessi del tenente e del proprio stomaco ,e non ricorda ancora la chiusa che da bambini ci prendeva alla sprovvista “ la promozzione è certa e te lo dico perché me so’ magnato er capitano “…?e qui devo riconoscere che l’italianizzazione è stata utile perchè un piccolo lettore, neanche di Roma, si sarebbe trovato a suo agio di fronte alla lingua del Belli. Sono queste del bestiario le poesia adatte a tutti, leggibili anche solo come storielle divertenti, ma capaci di offrire un quadro vivo e vario dei vizi della società borghese, rappresentati con sottile, acutissima sagacia, e mai appesantiti da condanna o insegnamento, cose che il poeta lascia al libero giudizio ed alla sensibilità del lettore. E’ vero quel che dice Carla Baroni : non è facile castigare con l’ironia, ed è vero anche che se la poesia si accompagnasse di più all’ironia avrebbe più fortuna presso i lettori. Per quanto mi riguarda posso dire che, come lettore, preferisco qualcosa che mi alleggerisca l’anima, e, come scribacchina, buttar giù un sonettuccio allegro, anche sfrontato ( e possibilmente in romanesco) è molto soddisfacente perché rallegra me e so che allieta chi legge. E anche se i like non significano nulla, ho notato che una poesia leggera ha molti più lettori di una impegnata perché le persone hanno bisogno di leggerezza…è già abbastanza tragico vivere in un mondo come questo.

  3. Sarà anche un po’ italianizzato il romanesco di Trilussa e Trilussa non avrà il caustico, implacabile realismo del Belli, ma i suoi sonetti sono ammirevoli per fluidità, limpidezza e unità di linea.
    Il messaggio arriva chiaro e immediato, tramite una gestione magistrale dell’eloquio in rima.
    La satira non manca di incisività ma temperata da un innato senso della misura.
    I sonetti di Trilussa sono pressoché privi di forzature, inerzie e patteggiamenti per chiudere il metro.
    Sono l’equilibrata nitidezza dell’esposto e la misura del gusto i loro pregi maggiori.

    1. Sono completamente d’accordo con te, Luciano. Il commento di Lidia mi è parso, stavolta, per certi aspetti un tantino fuori delle righe perché Trilussa si rivolgeva anche a chi romano non era. Che poi i sonetti di questo autore siano nel contempo un esempio di bellezza formale, ciò è incontrovertibile. Ce ne fossero di Trilussa!

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