Arnaut Daniel trasposto in metrica italiana da Maurizio Donte

 

MAURIZIO DONTE

 

Trasposizione metrica
del Canso unissonan’
di Arnaut Daniel

​*

Arnaut Daniel de Riberac nacque da una famiglia di piccola nobiltà provenzale, fu uno dei massimi esponenti dell’arte poetica trobadorica, in particolare del “troubar clus”, un filone che si caratterizzava per la difficoltà degli schemi e il particolare intreccio di rime esterne e interne. Fu l’inventore della sestina lirica, sviluppata pensando alle sei facce dei dadi (gioco d’azzardo col quale Arnaut alla fine si rovinò economicamente) e della Canso unissonan’, e fu in questo maestro di Dante Alighieri e Francesco Petrarca, che ripresero questi schemi, riproponendoli nelle Rime Petrose, Dante, e nel Canzoniere, Petrarca. Stimato e citato da ambedue in poeti nelle loro opere, venne posto nel Purgatorio da Dante, che gli dedica alcune terzine scritte proprio in provenzale.

Morì in povertà, dopo essersi fatto religioso.

Di seguito, partendo da una traduzione letterale, ho cercato di ricreare in metrica italiana, il senso e l’andamento della unissonan, che come vedete, per lo più trova la rima solo in un’occasione all’interno di una stanza, ma la trova sempre nelle stanze successive,  al verso corrispondente.

*

Canso unissonan’

 

I-Sols sui qui sai lo sobrafan quem sortz
Al cor, d’amor sofren per sobramar,
Car mos volers es tant ferms et entiers
C’anc no s’esduis de celliei ni s’estors
Cui encubic al prim vezer e puois ;
Qu’ades ses lieis dic a lieis cochos motz,
Pois quan la vei non sai (tan l’ai) que dire.

*

II-D’autras vezer sui secs e d’auzir sortz,
Qu’en sola lieis vei et aug et esgar ;
E jes d’aisse no-ill sui fals plazentiers
Que mais la vol (non ditz la boca) cors:
Qu’eu no vau tan chams, vanz ni plans ni puois
Qu’en un sol cors trob aissi bos aips totz:
Qu’en lieis los volc Dieus triar et assire.

*

III- Ben ai estat a maintas bonas cortz,
Mas sai ab lieis trob prò mais que lauzar:
Mesura e sen et autres bos mestiers,
beautat, joven, bos faitz e bels demors.
Gen l’enseignet Cortesia e la duois,
Tant a de si totz faitz desplazens rotz,
De lieis no cre rens de ben sia a dire.

*

IV-Nuils jauzimens no-m fora breus ni cortz
De lieis, cui prec qu’o vuoilla devinar,
Que ja per mi non o sabra estiers
Si-l  cors, ses digz, no-s presenta de fors;
Que jes Rozers, per aiga que l’engrois,
Non a tal briu c’al cor plus larga dotz
No’m fassa estanc d’amor quand la remire.

*

V-Jois e solatz d’autra-m per fals e bortz,
C’una de pretz ab lieis no-is pot egar,
Que-l sieus solatz es dels autres sobriers.
Ai! si no l’ai, las ! tant mal m’a comorz !
Pero l’afans m’es deportz, ris e jois,
Car en pensan sui de lieis locs e glotz:
Ai Dieus, si ja-n serai estiers jauzire !

*

VI-Anc mais, so-us pliu, no-m plac tant treps ni bortz
Ni res al cor tant de joi no-m poc dar
Cum fetz aquel, don anc feinz lausengiers
No s’esbrugio, qu’a mi sol so-s tresors.
Dic trop? Eu non, sol lieis e la votz
Vuoil perdre enans que diga ren que’us tire.

*

VII-Ma chansos prec que no-us sia enois,
Car si voletz grazir lo son e-ls motz
Pauc preza Arnautz cui que plassa o que tire.

***

Versione di Maurizio Donte

I – Io la conosco quell’immensa pena
che sento nel mio cuore rassegnato
ad amar lei, così per sempre, a oltranza,
con la mia volontà che é così certa
di non allontanarmi mai da lei.
Dal primo istante l’ho desiderata:
ed altro non so dir, pur se vorrei.

*

II – Di mirar altre io non sono in vena,
solo di lei mi sono innamorato:
soltanto in lei ripongo la speranza
che quel che sento mai sia cosa incerta,
perché nel cuor l’amore é solo lei:
nessuna donna é stata tanto amata,
nessuna donna é bella come lei.

*

III – Di altre donne io mi accorgo appena,
eppure in molte corti ho dimorato:
nessuna mai la supera in fragranza,
ma nell’amor la vedo un po’ inesperta,
(fosse diversa io non la vorrei)
nella bellezza resta insuperata,
se c’è di meglio proprio non saprei.

*

IV – Come il Rodano, il grande fiume in piena,
così da lei vorrei che fossi amato;
l’amore forte vive d’esultanza
nell’impeto del cuor, é cosa certa,
per la gioia che dona solo lei,
che sulla vita regna incontrastata:
di sicuro, di più io non vorrei.

*

V – Gioia e piacere a dominar la scena:
il fascino che emana m’ha esaltato
e mi trascina in una bella danza,
lungo la via che spero resti aperta.
Chiudendo gli occhi, questo sognerei:
di nostalgia la vita é seminata,
ma senza amore viver non potrei.

.

VI – Giammai la vita, che mi sfiora appena,
ha visto un cuor che sia più innamorato
del tesoro che tengo in una stanza,
la più segreta di una mente esperta,
per evitare quel che non vorrei:
la maldicenza! Non ne sia sfiorata!
Sarebbe cosa ch’io non gradirei!

*

VII – La mia canzone le dia gioia piena,
le sia gradita questa rima amata.
Del parer d’altri, che me ne farei?

Arnaut Daniel de Riberac/ versione di Maurizio Donte

 

***

Aggiungo versione letterale trovata su Internet

Io conosco solo il dolore che viene a me,
al mio cuore invaso dall’amore, per l’eccesso di amore,
poiché la mia volontà è così ferma e intera
che non si è mai separata o allontanata da colei
che ho desiderato a prima vista, e in seguito:
e ora, in sua assenza, le dico parole ardenti;
poi, quando la vedo, non so, tanto devo, cosa dire.

*

Alla vista delle altre donne sono cieco, sordo all’udirle
poiché solo lei vedo, e ascolto e prendo nota,
e in questo non sono sicuramente un falso calunniatore,
poiché il cuore la desidera più di quanto la bocca possa dire;
ovunque io possa vagare per campi e valli, pianure e montagne
non troverò in una sola persona tutte quelle qualità
che Dio ha voluto selezionare e porre in lei.

*

Sono stato in molte buone corti,
ma qui da lei trovo molto di più da lodare:
misura e arguzia e altre buone virtù,
bellezza e giovinezza, azioni degne e leale svago;
così bene la gentilezza l’ha istruita e istruita
che ha sradicato ogni cattiva maniera da lei:
non credo che le manchi nulla di buono.

*

Nessuna gioia sarebbe breve o carente
venendo da colei che mi piace indovinare [le mie intenzioni],
altrimenti non le conoscerà da me,
se il mio cuore non può rivelarsi senza parole,
poiché persino il Rodano, quando la pioggia lo gonfia,
non ha tale impeto che il mio cuore non ne susciti
uno più forte, stanco d’amore, quando la contemplo.

*

La gioia e l’allegria da un’altra donna mi sembrano false e cattive,
poiché nessuna degna può essere paragonata a lei,
e la sua compagnia è superiore alle altre.
Ahimè, se non l’ho, ahimè, così male mi ha preso!
Ma questo dolore è divertimento, riso e gioia,
poiché nel pensare a lei, di lei sono ghiottone e avido:
ahimè, Dio, potrei mai goderla altrimenti!

*

E mai, giuro, mi è piaciuto tanto il gioco o la palla,
o qualcosa ha dato al mio cuore tanta gioia
come quella cosa che nessun falso calunniatore
ha reso pubblica, che è un tesoro solo per me.
Racconto troppo? Io no, a meno che lei non sia dispiaciuta:
bella, per Dio,
perderei la parola e la voce prima di dire qualcosa che ti dia fastidio.

*

E prego che la mia canzone non ti dispiaccia
, poiché, se ti piace la musica e il testo,
poco importa ad Arnaut se piacciono anche a quelli sgradevoli o meno.

***

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4 risposte

  1. Maurizio Donte, rimatore formidabile versato nella poesia amorosa, emulo di Petrarca e degli stilnovisti, qui si cimenta nella traduzione del provenzale di Arnaut Daniel, precursore e antesignano di quel genere letterario.
    Sfoggiando una grande abilità compositiva, Donte riproduce in endecasillabi le sestine originarie rispettandone lo schema metrico e ripetendo per sette volte la medesima serie di rime. Operazione impegnativa, di spiccato virtuosismo compositivo, là dove la non sempre fedele adesione letterale al testo è compensata dalla fluida snellezza dell’eloquio poetico.

  2. È nota la destrezza compositiva di Donte. Qui si dimostra nella trasposizione in endecasillabi del non semplice schema della sestina lirica, almeno una volta usata anche da Dante e 7 o 8 volte (forse più…) dal Petrarca. Una dimostrazione di un virtuosismo non a portata di molti, e certi allontanamenti dal testo originale – come bene ha fatto notare Luciano – anziché inficiarne la riedizione, ne accrescono indubbiamente il valore. Bravo Maurizio!

  3. Una versione raffinata che unisce sensibilità a notevoli capacità compositive e metriche che una lunga esperienza ha via via arricchito . Erede di una tradizione antica e inossidabile che canta il dono e la dannazione dell’amore, Donte si distingue come erede della nostra tradizione letteraria più illustre. Ci vuole predisposizione, ci vuole cultura e preparazione, e ci vuole anche fiducia nel proprio operato e coraggio in un mondo in cui sembrano gran cosa certe ” modernità” che a volte valgono, certo, ma altre sembrano il frutto di un totale rimbecillimento. Un applauso .

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