Un contrasto amoroso nel mondo antico

Quinto Orazio Flacco
Carm. 3,9

*

«Donec gratus eram tibi,
nec quisquam potior bracchia candidae
cervici iuvenis dabat,
Persarum vigui rege beatior».
«Donec non alia magis
arsisti, neque erat Lydia post Chloen,
multi Lydia nominis
Romana vigui clarior Ilia».
«Me nunc Thressa Chloe regit,
dulces docta modos et citharae sciens,
pro qua non metuam mori,
si parcent animae fata supersiti».
«Me torret face mutua
Thurini Calais filius Ornyti,
pro quo bis patiar mori,
si parcent puero fata superstiti».
«Quid si prisca redit Venus
diductosque iugo cogit aeneo,
si flava excutitur Chloe
eiectaeque patet ianua Lydiae?»
«Quamquam sidere pulchrior
ille est, tu levior cortice et improbo
iracundior Hadria,
tecum vivere amem, tecum obeam libens». 

(il testo latino è tratto da Le opere di Quinto Orazio Flacco, UTET, Torino 1969)

*

Noticina illustrativa

In  Carm. 3, 9 il carme amebeo assume la connotazione di contrasto amoroso.

La parola al poeta: “Donec gratus eram tibi / nec quisquam potior bracchia candidae / cervici iuvenis dabat, / Persarum vigui rege beatior.”  “Fino a quando ti piacevo né alcun giovane preferito a me  ti cingeva con le braccia il candido collo, mi sentii più potente e felice del re dei Persiani.” Orazio rievoca con nostalgia.

Lidia risponde: “Donec non alia magis  / arsisti neque erat Lydia post Chloen, / multi Lydia nominis / Romana vigui clarior Ilia.”  “ Fino a quando non ti infiammasti di più per un’altra e Lidia non era seconda a Cloe, io, Lidia gloriosa, fui più famosa della romana Ilia.” Fin qui Lidia sembra un alter ego di Orazio, in quanto ne ricalca le espressioni, addirittura intensificandole e specularmente collocandosi sul piano della memoria e del sottile rimpianto.

Poi il contrasto vero e proprio, il breve duello verbale,  che si risolve in due stoccate.

Quella di Orazio: “Me nunc Thressa Chloe regit, / dulcis docta modos  et citharae sciens / pro qua non metuam mori, / si parcent animae fata superstiti.” “È ora signora del mio cuore la tracia Cloe, che sa dolci canzoni e suona bene la cetra, per la quale non esiterei a dare la vita se i fati risparmiassero lei, l’anima mia.”

La risposta, a tono, ma più piccata, di Lidia, che raddoppia: “ Me torret face mutua / Thurini Calais filius Ornyti, / pro quo bis patiar mori, / si parcent puero fata superstiti.” “M’infiamma d’amore corrisposto Calai, figlio di Ornito di Turii, per il quale sarei disposta a sopportare la morte due volte, se i fati risparmiassero la vita al mio ragazzo.”

Dopo la risposta di Lidia, il contrasto vero e proprio è bell’e concluso. I due, in fondo, si amano ancora, anche se hanno enfatizzato fuor di misura sentimenti e amanti. Sicché le ultime due strofe si dispongono in forma di climax discendente e volgono alla riappacificazione.

Orazio, ammiccante: “ Quid si prisca redit Venus / diductosque  iugo cogit aeneo, / si flava excutitur Chloe / reiectaeque patet ianua Lydiae?”  “ E che farai se ritorna l’antico amore e riunisce sotto il giogo di bronzo quelli che separò, se viene allontanata la bionda Cloe e s’apre la porta a Lidia un giorno respinta?”

Condiscendente, Lidia, ma con un iniziale distinguo, che si annulla nel verso finale: “Quamquam sidere pulchrior / ille est, tu levior cortice et improbo / iracundior Hadria,/ tecum vivere amem, tecum obeam libens.” “Benché egli sia più bello d’una stella, tu più leggero di un sughero e più collerico del tempestoso Adriatico, con te amerei vivere, con te morirei volentieri.”

Quando penso a certi “contrasti” della prima letteratura in volgare (Rosa fresca, aulentissima di Cielo D’Alcamo, Becchin’amor di Cecco Angiolieri, per citare i più conosciuti) non posso non notare la distanza siderale tra questi ultimi, che pure hanno una loro freschezza, originalità, piacevolezza,  e il capolavoro oraziano, spontaneo, sì, ma leggiadro, venusto, fine, percorso da armonie e corrispondenze interne. Armonioso. Come del resto tutto il mondo in versi del poeta augusteo.
(P. Balestriere, Assaggi critici, Genesi Editrice, Torino 2018, pp. 26-26)

*

E naturalmente ognuno potrà cogliere in quest’ode ulteriori aspetti e sfumature.

***

 

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4 risposte

  1. Una liberissima, irresponsabile trasposizione dal grande Orazio.

    Lidia
    (Orazio, Odi – Libro III,9)

    – Un tempo nessun altro avresti amato
    quando mi stavi a fianco,
    più felice d’un re, a te abbracciato
    cingevo il collo bianco.

    – Finché tu non ti desti a un nuovo amore
    e dopo Cloe fui messa,
    il nome mio giammai non fu minore
    a Ilia Romana stessa.

    – Ora la tracia Cloe è il mio desire,
    dolce cetra, armonia;
    paura non avrei per lei morire,
    per lei, anima mia.

    – Ed io brucio, d’amore ricambiata,
    per Calaide di Turi;
    due volte morirei ben consolata
    purché lui viva e duri.

    – Ma se all’antico amor, quello d’allora,
    fosse la porta aperta,
    e Cloe bella discacciata, e ancora
    rifosse a Lidia offerta?

    – Anche se lui è più bello di una stella,
    e tu già vecchio sei,
    più instabile del mare, esser tua ancella,
    morir con te vorrei.

  2. Tutto disseminato di superlativi e di ipotetiche, questo memorabile duetto d’amore.
    Così lo traduco:

    Finché ero io il tuo preferito
    e non c’era giovane più capace di me
    a cingerti le braccia intorno al bianco collo,
    io vissi più beato del re di Persia.

    Finché non per un’altra di più ardesti
    e Lidia non veniva dopo Cloe,
    io vissi una fama più splendida di Idia romana.

    Ora la mia regina è la tracia Cloe,
    dolce a cantare e abile a suonare la cetra,
    per la quale non esiterei a morire
    se i fati in cambio le risparmiassero
    la vita.

    Ora tutta me prende d’amore corrisposto Calai, figlio di Ornito di Turii,
    per il quale anche due volte sopporterei di morire
    se i fati in cambio risparmiassero il mio ragazzo.

    Ma che accadrebbe se tornasse l’antico amore
    e riportasse sotto il bronzeo giogo quelli che si erano disgiunti,
    e la bionda Cloe fosse scacciata
    e la porta si riaprisse per Lidia un tempo respinta?

    Anche se lui è più bello di una stella
    e tu sei più leggero del sughero e più scontroso dell’Adriatico in tempesta,
    solo con te vorrei vivere,
    con te solo sarei felice di morire.

  3. I primi quattro versi sono stati da me arbitrariamente rovesciati, spostando l’azione del cingere il bel collo di Lidia su Orazio medesimo che, con la sua passione, avrebbe così escluso qualunque rivale… Ho, chiaramente, osato troppo.

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