Giorgio Vigolo, Alcune poesie

GIORGIO VIGOLO

Nato a Roma il 3 dicembre 1894, Giorgio Vigolo vi morì il 9 gennaio 1983. Fu scrittore di ampi interessi (narratore, critico letterario e musicale, poeta).

*

Settembre

Ho sognato settembre: una strada
scendeva in giri cantabili
fra colli di rosea pietra e di piante.
Beatitudine mia.
M’abbandonavo sull’aria materna.
Dietro le spalle un oro
sereno sentivo dal mare
invisibile.

Al sol cadente i cupi
massi di musco avvolti
parean tenere e pure
materie d’un più lieve
pianeta.
E una luce sui prati erano acque
fini, sorgenti come cielo: senza
peso saliano il colle
e sugli erbosi ammanti
delle grotte facean fulgida l’ombra.

*

Nevicata

Sorpresa del mattino
sulla città nevicata;
il cielo scuro e peso
incuora alla giornata
di lavoro nell’alto
stanzone dei libri; e la vetrata
spicca intera sui tetti bianchi il volo

Bene di bosco odora
la legna in patriarcale
stufa; e i geni del fuoco,
gli elfi briosi,
i silfi già mi secondano
d’un estro ilare in lieve
ghirlanda. Attivo incanto
sempre rinnovo e magico
rito m’adempio,
quando dall’invisibile
scende il pensiero ai segni. Ecco s’intrecciano
le auguste antiche lettere da estremo
evo serbate; spiriti
pronti al richiamo accorrono.

*

Grido alla madre

Madre, mia madre
dove sei nel lontano?
dove ti sei sperduta dopo la morte,
che più non mi mandi la tua immagine,
e deserti sono i miei sogni,
ma meno della mia vita?
Io sto quaggiù lo vedi in qualche pericolo:
strani mostri mi fanno le cacce,
girano intorno intorno alla poca rupe.

Madre, se esisti ancora
in qualche punto dell’universo
o sei tornata alla bontà indivisa
da cui ti staccasti nel nascere,
fammi sentire
diminuita la mia solitudine,
schiariscimi gli occhi,
che io giunga a rivederti
nell’alto del tuo sereno,

e smetta di scorgere
al tuo posto le ambigue
larve che ti nascondono
al figlio.

*

Gennaio

Dopo la notte di diluvio il limpido
vento di tramontana
fa miracoli sulle facciate
delle case specchiandovi nei foschi
intonachi il lampo dei boschi
risorti nel turchino degli sfondi.

Cantano le montagne attraversate
dal gran respiro; e dal fondo dei borri
il soffio di rovaio
leva odori di funghi di castagno.
I cavalli galoppano
sopra vie di diamante
e fumano dal manto sauro e baio;
nell’arco delle grotte
gioiellate di ghiaccio
è santo il mio gennaio.

*
Andromaca
In te mi piaccio, tenera
preda d’antiche notti,
or mia fedele e schiava,
di regina che fosti,
quando ti giunsi in cima
a delirate scale
d’incendio, salva.

Giorgio Vigolo

 

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3 risposte

  1. Il linguaggio poetico di Vigolo, squisitamente novecentesco malgrado gli arcaismi di qualche apocope, di qualche elisione, bene si presta a rendere improvvisi ispirati entusiasmi o le vivide pitture di una spiccata vena descrittiva.
    Forse non originalissimo, fors’anche un tantino ostentato, tale linguaggio, ora elegiaco , ora sostenuto da una marcata enfasi oratoria, vanta comunque una sua nobiltà d’eloquio.
    A me pare che proprio in certe brillanti soluzioni descrittive la poesia di Giorgio Vigolo abbia i suoi momenti più felici.

  2. Un poetare particolarmente ricco di immagini. Più che di immagini… di visioni, C’è una certa enfasi, alquanto voluta e costruita, ma di sicuro effetto, almeno nelle parti più spontanee e sentite. Qua e là, originale freschezza. Anche se un certo modo telegrafico di espressione, nel suo troppo ripetersi, può generare un po’ di stanchezza nella lettura.

  3. Non voglio far trascorrere la pausa estiva senza fare un commento su questo poeta. Approfitto quindi di questa breve tregua del caldo soffocante per alcune mie considerazioni. Mia nonna, nata dieci anni prima di Vigolo, si laureò in lettere nel 1904 al Magistero di Firenze con una tesi in stilistica sulla Bassvilliana di Monti. E credo che la conoscenza scolastica dei poeti più recenti si limitasse al Carducci e al Pascoli con esclusione dello stesso D’Annunzio perché nelle scuole normalmente si è molto restii a includere le novità. E poiché sono gli studi giovanili che fanno muovere i primi passi nel mondo della poesia, Vigolo certamente Ungaretti e Montale non li conobbe al liceo. Mi piacerebbe quindi sapere quando queste poesie, che Pasquale ci offre, sono state scritte perché hanno un taglio estremamente moderno sia nelle soluzioni metriche sia nelle immagini di suggestiva freschezza. Se poi peccano di una certa enfasi, questa c’è sempre nei testi che coinvolgono i sentimenti. Solo quelli minimalisti di adesso, che descrivono ad esempio una coda alle Poste, ne sono totalmente esenti.

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