LIDIA GUERRIERI
AMICIZIA
Noi eravamo quello che eravamo,
pianticelle cresciute in poveri orti
che affacciavano al mare,
spuntati dalle pietre degli Appiani
come certi minuscoli boccioli
che forano l’asfalto in vesti semplici
tutte colme di sole.
Ci affratellava l’ansia del pericolo,
rottadicollo giù per la marina
in bicicletta fra risa e paura,
e ginocchia sbucciate senza lacrime.
A malapena bussavano all’uscio
la luce e il buio che saremmo stati,
ma già trionfava dentro noi l’eroico
pronto alla lotta contro chi varcava
coi suoi giochi la patria del quartiere.
Noi, mercanti di biglie e figurine,
complici e confidenti,
ignari di doveri o convenienza,
appesi agli aquiloni nel Maestrale,
oggi dispersi per le vie del mondo,
ma con il cuore che ci balza in petto
al breve cenno di un casuale incontro.
Fratelli oltre ogni tempo,
senza un filo di sangue che ci unisca,
ma gli occhi azzurri come il nostro mare.
*
COME SI CAMPA
Come si campa? Chiedi alla mimosa…
La scovò quest’ Inverno, rannicchiata
dietro le case un vento imbufalito,
e neanche fosse colpa sua la noia
di andare cindrelloni per il mondo (1)
libero a chiacchiere e del cielo schiavo,
l’azzannò forte e la schiantò di un ramo.
Restò lì, penzoloni sopra il fosso,
povero Cristo appeso per un filo,
già spacciato; ed invece…
eccotelo stamani, scintillante
di pennacchietti d’oro.
Anticipata o no, la Primavera
l’ha fiutata la voglia della vita
e gli ha teso la mano.
E così se ne sta ben sistemato
come un vecchietto a messa,
le rughe tutte un sorriso di sole
e pare dica al vento:
Beccati questi…tié!”
(1)-“cindrelloni” – toscanismo per indicare uno che va vagabondando, vestito da pezzente
*
DRAMMA BREVE MA DI COCENTE PENA
( Per la mia piccola Heidi)
E sia guerra fra noi se questo vuoi;
colpo sia contro colpo e la svelata
astuzia ad altra arguzia affili i denti
più chiusa e più segreta e raffinata,
finché un di noi si stanchi-ed io giammai.-
.
Indifferente a questo affanno stai
fissando su di me sguardi innocenti!
Io che l ‘amaro chiusi e di dolcezza
coversi l’amorevole mio inganno
per necessario stato, oh quale danno
n’ebbi per questo cuore dal tuo ingrato!
.
Non fu il mio gioco di perverse colpe.
Segna pure sul calcio la tua tacca
ché saranno le mie più numerose
Heidi, di stirpe, pelo e mente volpe
che dal prosciutto sputi la pasticca.
*
L’ANGOLO DISERTATO
( per Heidi)
Caddi di peso a terra, fra i mortali,
sopra le ultime pietre del mio esistere;
e fu d ‘un tratto, senza alcun preavviso.
Proprio così piombai …
e il lastricato si macchiò dell’orma
di un dio falso e impotente.
Questo Maggio scontroso di bufere
ringhia fra i rami scuri dell’ulivo
sbirciando dietro i vetri
l’angolo disertato
dove il silenzio si morde le mani
e il vuoto, appeso ai muri,
batte a martello sopra le pareti.
Ma a cosa serve ormai…
Leggera dorme l’ombra nella terra,
inconsistenza che sarà domani
una spiga di grano, un’ape, un fiore,
ma la tua luce corre in mezzo a campi
di nuovo vento e gioia
al battito minuscolo di un cuore
che non conobbe la miseria umana.
Lo cercherò stasera
il respiro dei sogni tuoi piccini,
il manto scintillante rame ed oro,
le ciglia chiuse sopra gli occhi miti…
stasera quando il cielo
prima del buio fitto si inturchina
e trema in alto il fragile
crepitio delle stelle.
Lidia Guerrieri
4 risposte
Lidia credo di conoscerla bene. Anche se ognuno di noi ha parti nascoste, celate in angoli in ombra, riservate esclusivamente alle proprie lacrime. Se parli con lei per più di un minuto ti spiazza con la sua apparente – e dico… apparente – ingenuità, spesso vestita di non simulati rancori, di asprezze, costantemente in guardia contro tutto il mondo, sintomo di uno scontro interiore, di una tempesta di sentimenti che le vicende della vita, non sempre favorevoli, le hanno lasciato dentro. Ad un primo impatto appare dura, di quella durezza che ha imparato opponendosi alle vicissitudini che l’hanno ferita e che – come in tutti noi – spesso tornano a galla, a reclamare attenzione, riaccendendosi ogni volta che qualcosa tenta di nuovo di avviarci al dolore. Ma Lidia è anche una donna forte, determinata e convinta, sotto una patina apparente di insicurezza. I sentimenti che la caratterizzano bisogna allora scovarli, saperli leggere nei suoi appassionati versi, fatti di lacrime, di vento e di mare, di quella toscanità che solo chi toscano è veramente sa riconoscere e apprezzare. Noi toscani siamo “maledetti”, con le nostre spigolose risposte, con i nostri ruvidi attegiamenti, franchi e diretti. In queste bellissime poesie Lidia si rivela, stende i suoi panni al sole del golfo, non si nasconde, ci porge quello che ha dentro, quasi in una autoanalisi che può essere anche la nostra e in una sofferenza dove ognuno può riconoscersi, con una descrizione sincera e schietta, fatta di appropriatissime metafore, di aggettivazioni inconsuete e bellissime, di sinestesie che allargano e nobilitano il suo scrivere. Se chiedete a lei del suo poetare, vi sentirete rispondere che poeta non si sente… Che non si senta, lei, poeta… chi se ne frega! Se non è poesia questa che cosa è, allora, poesia?
Icastica, sinestesica, dinamica, questa quartina sembra un’inquadratura di un capolavoro del neorealismo. L’eloquio è semplice e diretto ma la forma è rifinita, il metro perfetto:
“….
Ci affratellava l’ansia del pericolo,
rottadicollo giù per la marina
in bicicletta fra risa e paura,
e ginocchia sbucciate senza lacrime.
….”
Qui invece vibra la corda elegiaca in una descrittivita’ ampia e commossa:
“…..
Leggera dorme l’ombra nella terra,
inconsistenza che sarà domani
una spiga di grano, un’ape, un fiore,
ma la tua luce corre in mezzo a campi
di nuovo vento e gioia
al battito minuscolo di un cuore
che non conobbe la miseria umana.
….”
Così è la poesia di Lidia: altamente comunicativa e formalmente impeccabile.
Non ho parole per ringraziarvi del vostro apprezzamento, per queste analisi così belle che mi riempiono di gioia e di commozione. Leggendo le vostre parole mi pare quasi di essere poeta per davvero ! Non è un onore che ricerco…la mia spirazione sarebbe sempre stata quella di fare la contadina…!un Tizio diceva ” Il mio regno per un cavallo”…io avrei detto ” Il mio regno per una zappa…” e una schiena sana per adoprarla perché se avessi quella la zappa me la comprerei da me :-D.
Comunque, siccome vi interessate di critica , permettete che io vi insegni come si riconosce il Poeta di quelli veri 🙂
..
Il VATE SI VEDE DAL DIPLOMA
————————————
M’ è capitato ieri mentre il tocco
suonava , mesto, l’ unico rintocco
un tale, gli occhi tondi quale allocco,
chioma ondeggiante come al vento un flocco.
..
Carogna come sono, ecco gli scocco
un’occhiatina come a dirgli :” gnocco!”
Lui fa :”che sfotti? Bada che ti blocco!
Non sai che della Musa sono il cocco?
..
Mi srotola un gran foglio e fa uno schiocco:
“ Vedi il diploma ? Mica sono un brocco!
c’è scritto “ Vate vero, non tarocco.”
..
Lo guardo e penso:” ahimè, se nasci sciocco
potresti avere in capo più di un tòcco…
sarebbe solo un tòcco sopra un tocco!”
Ennesima prova di bravura. E uno sberleffo a condire il tutto.
Noto sempre più, cara Lidia, che la vera ricchezza della tua poesia è l’humanitas che la connota. Oltre, naturalmente, alle potenziallità linguistiche -in buona parte naturali- che danno profondità e spessore alle manifestazioni del tuo spirito.