Pasquale Balestriere, ISCHIA, Dopo il 26 novembre 2022

L’ISOLA, I DISASTRI, LE RESPONSABILITÀ

           Per una opportuna riflessione

di Pasquale Balestriere

(Tempo di lettura: 5 minuti)

Premessa

Comincio con il ricordare a me stesso e a chi legge che il territorio dell’isola d’Ischia ha bisogno di molta cura e attenzione, ma soprattutto di sorveglianza a tutti i livelli, perché è molto fragile, naturalmente soggetto a frane e smottamenti per via della sua conformazione eccessivamente verticale e scarsamente pianeggiante. Così la friabilità dei terreni, dei suoli, dei tufi già di per sé costituisce un pericolo. E non c’è proprio alcun bisogno di aggiunte improvvide, se non addirittura scellerate, da parte dell’uomo. Già l’alluvione del 1910 aveva provocato disastri e morti. Capita la lezione, i contadini e, in passato, il Genio Civile non hanno lesinato impegno nel manutenere e curare il territorio: i primi frenavano i propri terreni costruendo muri a secco (parracine) e regimando le acque con fossi, “frattoni”, “fratte”, piccole cisterne; il Genio Civile preveniva situazioni di pericolo progettando e costruendo opere murarie, soprattutto canalizzazioni e briglie, atte -queste ultime- a trattenere il terreno e a rompere la violenza delle “lave” d’acqua, favorendo un deflusso meno pericoloso.

C’è da dire che negli anni Cinquanta, e fino ai primi anni Sessanta, anche con i cosiddetti “cantieri-scuola”, una presenza umana fattiva e responsabile non è mai mancata nei luoghi posti in rilievo e perciò problematici. Poi, l’abbandono.

L’isola che fa soldi

L’abbandono è arrivato perché è arrivato il turismo, con la follia della corsa all’oro. La concezione del turismo non è stata mai sorretta (tranne che in poche lodevoli eccezioni) da un pensiero intelligente, programmatico e prospettico ma sempre e solo dal desiderio di guadagnare. Di conseguenza i contadini (maschi e femmine), dopo qualche esitazione, hanno abbandonato in massa le terre, trasformandosi in cuochi, camerieri, facchini, donne di pulizia, ecc. e guadagnando in un paio di mesi quanto ricavavano dalla vendita annua del vino. Risultato: campagne curate alla men peggio, territorio trascurato e talvolta manomesso, primi abusi edilizi. Qui è il principio della fine.

Avvenimenti recenti

Il discorso sarebbe molto più ampio, ma limitiamolo alle (dolorose) alluvioni di Casamicciola. Diciamo subito che di fronte ad eventi eccezionali non c’è molto da fare. Ma certamente si possono limitare i danni. Nel nostro caso ciò non è successo. Non si sono limitati i danni. Perché? In primo luogo per i motivi esposti sopra: la mancata cura del territorio da parte dei singoli proprietari e degli organismi governativi che, a tutti i livelli, dovevano provvedere o sorvegliare. In particolare, soprattutto nell’alluvione del 2009, l’intasamento con ogni sorta di rifiuti, soprattutto domestici, delle vie delle acque, cioè di quegli alvei naturali entro i quali defluiscono le acque piovane, produsse la formazione di un gigantesco invaso che, crollato per la insostenibile pressione della massa di liquido, sboccò in un getto potentissimo di acqua e fango, una vera marea, che travolse ogni ostacolo, auto comprese, e si portò via la quindicenne Anna De Felice.

E il 26 novembre scorso ancora un disastro. Con più morti. Dodici.

Abusivismo edilizio?

Nessuno nega  che a Ischia si sia praticato a lungo e  in modo non lieve l’abusivismo edilizio: che però è assente tra le cause di questa recente sciagura. Manca,  come causa efficiente o prima. C’è, magari, la manomissione o l’abuso o l’incuria del territorio. Però, se pure non è stato l’abusivismo edilizio a provocare la tragedia, purtuttavia le case abusive, trovandosi nei luoghi interessati dalla frana e dall’alluvione, hanno subito l’evento distruttivo. Pesantemente. Diciamo che le case investite dalla massa d’acqua e di fango lì, in quel luogo, non dovevano esserci. Case che sono diventate trappole e tombe.

Responsabilità

Verso la fine degli anni Sessanta per incarico dell’EVI, l’ing. Corrado Beguinot redasse un piano regolatore intercomunale riferito all’intera isola d’Ischia. Ma gli amministratori dei vari comuni manifestarono mille riserve e intervennero pesantemente sul PR predisposto da Beguinot, fino a stravolgerlo: assunsero altri tecnici, brigarono in vario modo ma i piani regolatori (perché nel frattempo ogni Comune si approntava il suo) non vennero approvati. Nel frattempo si incrementò l’abusivismo, già iniziato in sordina da un po’ di anni. Qui sono le colpe prime, cioè fondamentali dei politici, soprattutto locali , ma anche provinciali, regionali e nazionali. I più colpevoli  tuttavia sono i politici locali, in particolare gli amministratori comunali degli anni  60/70/80 e successivi, i quali non solo incoraggiavano l’abuso, ma anzi lo favorivano con promesse di impunità. In cambio di che? Del voto, no? Del potere, ottenuto con lurido voto di scambio. Il potere per lucrare, in tutti i modi possibili. Al secondo posto, per gravità di comportamenti, pongo tutti quegli avvocati, imprenditori edili, geometri, architetti ingegneri, che si sono arricchiti, senza alcuno scrupolo, con l’edilizia selvaggia e con i cosiddetti “colpi di mano”. Senza contare l’inefficienza, per non dire altro, degli UUTTCC, che avrebbero dovuto svolgere il proprio ruolo in modo molto più incisivo. Al terzo posto, nella mia personale classifica pongo quei tutori dell’ordine, preposti alla vigilanza edilizia, che invece non hanno vigilato o l’hanno fatto in modo carente: in primis i vigili urbani, poi tutti gli altri corpi di polizia addetti alla sorveglianza del territorio. Al quarto posto quei magistrati che non hanno posto il necessario impegno nello svolgimento della propria attività, così vitale per il territorio. Al quinto e ultimo posto, in ordine di colpevolezza, ci sono loro, i cittadini che hanno messo in atto abusi edilizi per vera necessità,  per coprirsi la testa con un tetto. Anch’essi sono colpevoli, ma in grado minore rispetto a tutte le altre precedenti categorie, soprattutto rispetto ai politici, che dovrebbero vergognarsi per non aver approvato i Piani Regolatori, in tal modo spingendo il popolo all’abusivismo, al consumo e alla deturpazione del territorio. Infine vanno condannati, in modo totale e senza riserve, tutti gli abusivi che hanno edificato, nel corso del tempo, seconde, terze, quarte case,  e anche più.

Senza contare che ancora sorge qua e là qualche casa abusiva…

Conclusioni

In base a quanto ho scritto, ognuno può dare nome e cognome ai responsabili dell’abusivismo, in particolare del proprio comune; alcuni dei quali sono molto presenti e attivi, su questo e altri social, e pontificano pure e tentano di rifarsi una verginità. E invece meriterebbero davvero il massimo disprezzo e due calci nel sedere.

Quanto a me, ho fatto parte dell’unica (almeno così mi pare) amministrazione comunale isolana che, nel 1976, tentò seriamente di combattere l’abusivismo. Come? Facendo controllare il territorio, sanzionando severamente i trasgressori e, nel contempo, facendo redigere e approvare in prima istanza il PRG del Comune di Barano, inviandolo ai competenti uffici napoletani e, dopo una prima positiva verifica da parte degli stessi, preparandosi all’esame delle osservazioni dei cittadini al PRG. Ma, lo credereste? A un passo dall’ ultima e decisiva approvazione del PRG, a Barano si scatenò una crisi politica, indotta da miserabili interessi di parte e, forse, anche privati, che travolse quella maggioranza davvero capace ed operativa. Era il 1978, sindaco Arcangelo Mazzella. E addio piano regolatore baranese!

I responsabili? Li ho indicati più volte, nomi e cognomi, sulla stampa isolana. Ma poi basterebbe ripassare un po’ di storia recente di Barano.

Per concludere: in questi eventi disastrosi riguardanti il territorio isolano non c’è mai un unico colpevole; ma neppure c’è un solo organismo istituzionale o una sola categoria di professionisti collegata al settore edilizio e al governo del territorio che non abbia macchie e responsabilità.

Tanto, per amore di verità, devo alla mia isola. E ai dodici morti per acqua.

Pasquale Balestriere

P.S. Questo non è un post letterario, ma è un post di costume. Necessario e urgente per ristabilire la verità, gravemente adulterata da organi di informazione spesso superficiali ed approssimativi.

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Nella foto un esempio di frattura e scoscendimento del territorio a sud della sorgente di Nitrodi,  nel Comune di Barano d’Ischia.

 

 

 

 

 

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4 risposte

  1. Caro Pasquale, bell’atto di denuncia ma è “vox clamans in deserto”. Andrebbe riformato tutto il sistema. Nei comuni viene eletta gente che non ha alcuna conoscenza dei problemi tecnici e quando va bene si affida a funzionari assunti non per la loro capacità ma molto spesso perché raccomandati. Vige dappertutto il principio “speriamo che me la cavo”. Si aggiunga a tutto ciò qualche “mazzetta” e il quadro è fatto. Resistono ponti che hanno duemila anni, non resiste un ponte che ne ha cinquanta.
    E questo vale in tutti campi, non solo in quello relativo alla tutela del territorio.
    Ho trascorso la mia vita a fare esposti in Procura. Tutti respinti, ma ho ottenuto di essere ancora viva e non sepolta sotto un muro crollato e con molta fatica tante altre cose che mi spettavano di diritto ma che non mi erano concesse in quanto non avevo alcun potere: una donna in una famiglia tutta di donne.
    Quando nelle mie poesie dico che ho combattuto e tanto nessuno capisce. Eppure questa è stata la realtà dovuta per la maggior parte a funzionari disonesti.

  2. Caro Pasquale, tu sei persona intelligente, colta e responsabile, e dunque lo sai che, almeno qui da noi, quando si tratta di responsabilità nessuno è mai colpevole. Se cerchi di sbrogliare una matassa , evita la fatica perché tanto ti stanchi e basta. Qui a Piombino, per dirne un’altra, metteranno il rigassificatore , una nave enorme, dentro il porto che ha una bocca troppo stretta per manovrarci le navi che porteranno il materiale. Quando negli anni ’60, salvo la precisione della data, venne una sciroccata coi fiocchi, si alzarono muraglie di mare da paura, ci sono le foto ancora in giro…onde parecchie volte più alte del muro del porto…quelle sballottano anche l’Elba, figuriamoci una nave pur grande che sia! In nessun posto un rigassificatore è così vicino al centro abitato, anche meno di due chilometri dalle prime case, e mai è stato messo nel giro di pochi mesi, senza studi sull’impatto ambientale, sull’allevamento del pesce e compagnia bella. Se dovesse succedere un patatrac noi salteremo in aria e non avremo alcuna via di scampo perché abbiamo una strada sola che porta fuori città, la seconda strada è una promessa che si trascina da trent’anni perlomeno. Quando un motorino casca e resta di traverso per la strada, tutto è fermo e se devi andare in periferia fai la fila di ore… immaginati un eventuale esodo di gente in preda al panico. Se domani, Dio non voglia, dovesse succedere un disastro pensi che ci sarà un responsabile? Che pagherà qualcuno ( ammesso che una cosa del genere, fra l’altro preannunciata , possa mai essere davvero pagata)? Saranno tutti innocenti, …e se proprio ci vorrà una testa sarà quella del più piccino…su questo mi ci gioco la mia. Così è qui, a Ischia, al ponte Morandi dove tutto era controllato e andava bene e poi è franato per colpa dello starnuto del primo che c’è cascato di sotto. E questo non si poteva prevedere..ergo…

  3. A sentire Lidia e Carla, non c’è speranza. Non so, e anch’io a volte sono piuttosto pessimista. E tuttavia c’è il dovere della testimonianza. Non possiamo abbassare la testa e tacere.

    1. Sì, Pasquale, hai ragione. Si spera sempre che la goccia scavi la pietra ed è doveroso denunciare. Tuttavia ti voglio raccontare un episodio tanto per renderti edotto, se ce ne fosse bisogno, di come vanno le cose qui in Italia Nord e Sud compreso.
      Qui a Ferrara c’era stata una querelle non mi ricordo per che cosa – credo non fosse stata rispettata una graduatoria di assunzione – fra un gruppo di maestre e il Provveditore. Grande dibattito pubblico nell’aula magna dell’Istituto Tecnico per Ragionieri riempita fino al collasso in quanto era presente Pierferdinando Casini che si era fatto paladino di risolvere la situazione. Viene il Provveditore che dichiara bel bello che lui era stato “comandato” ossia aveva trasgredito la legge per un ordine venuto dall’alto. Casini non emette fiato e la faccenda, che aveva riempito le cronache cittadine per giorni, si concluse così tanto più che difensore e ordinante erano della stessa corrente in seno alla Democrazia Cristiana. E le maestre cornute e mazziate.

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