E andiamo noi nel tempo e nello spazio
incerti e fragili, e anche dubbiosi
che l’avventura non finisca presto.
L’immenso è tutt’intorno, su noi preme
col suo passo pesante, e freddo è il cielo
che si mostra lontano per la nostra
minimità. Né ci conforta il volo
virato delle rondini a ripetere
scontate ellissi, trappole del cuore.
E diventati siamo fauni, Rosa,
di bosco e di campagna, che raccolgono
e piegano in bell’ordine la vita,
come la legna al fuoco i contadini.
Forse dovremmo attendere che cada
col vento anche la tenebra notturna
per scuoterci di dosso questa terra,
che già somiglia al fango, e del dolore
il grido. Ci daremo allora a coltrici
insonni, come i padri che temevano
le furie d’acqua e il crepitio di grandine,
che alla zolla adunchi arroncigliavano
scabre speranze, in petto una preghiera.
Sarà breve il riposo, come pioggia
che ratta sfugge al cielo, vorticosa.
E calzeremo i sandali da via
perché la nostra storia è ancora questa:
andare, spalla a spalla, sempre andare.
Fin quando il tempo
———————non ci prenda il cuore.