Catullo, Carme CI
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Multas per gentes et multa per aequora vectus
advenio has miseras, frater, ad inferias,
ut te postremo donarem munere mortis
et mutam nequiquam alloquerer cinerem,
uandoquidem fortuna mihi tete abstulit ipsum,
heu miser indigne frater adempte mihi!
Nunc tamen interea haec, prisco quae more parentum
tradita sunt tristi munere ad inferias,
accipe fraterno multum manantia fletu,
atque in perpetuum, frater, ave atque vale!
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Foscolo, In morte del Fratello Giovanni
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Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo
di gente in gente, mi vedrai seduto
su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
il fior de’ tuoi gentili anni caduto:
la madre or sol, suo dì tardo traendo,
parla di me col tuo cenere muto:
ma io deluse a voi le palme tendo;
e se da lunge i miei tetti saluto,
sento gli avversi Numi, e le secrete
cure che al viver tuo furon tempesta;
e prego anch’io nel tuo porto quiete:
questo di tanta speme oggi mi resta!
straniere genti, l’ossa mie rendete
allora al petto della madre mesta.
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10 risposte
Caro Pasquale,
Il carme di Catullo è, per me, quasi una Preghiera. Bellissimo, misurato emozionalmente, ma non per questo meno coinvolgente e commovente.
Si avverte come un filo diretto che va da un cuore all’altro. E Catullo parla alle ceneri mute del fratello, e a se stesso.
Chiedo venia per questa mia trasposizione in rima:
Una mia trasposizione
Sono venuto a te, di gente in gente,
sono venuto a te di mare in mare,
or mi rivolgo a te, con cuore e mente,
questo fraterno omaggio a presentare.
Parlo col tuo silenzio inutilmente
ché negli inferi muta è la tua via,
da che il destino troppo crudelmente,
e troppo presto, t’ha portato via.
Queste modeste offerte ch’io ti porto,
afflitto e mesto, accettale nel rito
che già dai padri antichi, per conforto
di noi mortali, un dì, fu stabilito.
Sono offerte bagnate dal mio pianto.
Addio, fratello mio, che ho amato tanto.
E’ una bellissima traduzione la tua, Lido : letterale in giusta misura e personale in ugualmente giusta misura. Fra le due poesie, quella di Catullo e quella di Foscolo, la prima mi commuove di più; non so perché, ma forse è per quell’ultimo verso…quel ” in perpetuum…vale atque vale…” un addio che è un addio davvero, definitivo, sofferto, bruciante. Il fatto è che Catullo ” me lo vedo” lì’, di fronte a quella tomba, mentre Foscolo no…lo visualizzo a tavolino, con la penna, intento a scrivere…sarà per la forma voluta, per la rima pensata, insomma io percepisco questo : da una parte un poeta che scrive una poesia, sicuramente sentita, ma comunque studiata, da quell’altra un fratello che scrive in poesia. L’avrà studiata lo stesso, forse anche di più, non lo so, ma Catullo mi emoziona e Foscolo no.
La tua trasposizione, caro Lido, rispecchia la sensibilità che ti pervade e ti contraddistingue. Tu cogli lo spirito del carme e lo rendi, ineccepibile, al lettore. Gran dono ti diedero gli dei!
Un’inequivocabile citazione letterale
( “mutam cinerem”-“cenere muto”) non lascia dubbi sull’ascendenza catulliana del sonetto foscoliano. Foscolo però introduce la figura archetipica della madre, vicariante e vigilante, tutelante e in qualche modo consolatoria,mentre in Catullo il cordoglio fraterno è vissuto in completa solitudine.
Anni fa io avevo fatto questa traduzione del testo latino:
“Passato fra molte genti e per molti mari vengo, fratello,
a renderti le offerte funebri
per darti l’estremo ufficio di morte
e, ahimè invano,
parlare alla tua muta cenere,
dal momento che la sorte te,
proprio te,
mi ha tolto.
Oh! Misero fratello, a me ingiustamente portato via!
Ma ora intanto queste offerte funebri che per antico costume dei padri
sono tramandate come mesto omaggio,
tu accoglie tutte,
cosparse di fraterno pianto,
e da ora e per sempre, fratello mio,
addio! Addio…”
Per quanto riguarda il parallelismo tra il Carme di Catullo e il sonetto di Ugo Foscolo, mi sento di dire solo questo:
mentre nel carme di Catullo si avverte chiaramente come il legame tra il poeta e il fratello morto in Bitinia abbia il sapore e l’intensità, dolorosamente misurata, di un omaggio direttamente rivolto al defunto, se non addirittura di una preghiera sulla sua sepoltura, e quindi tutto esterno a vicende personali, in Foscolo questo esce dal puro e profondo rapporto di fratellanza, per divenire pretesto e motivo di riflessioni rivolte a se stesso, e quindi in certo qual modo estranee al fortissimo legame parentale. Sicché il Carme di Catullo appare – a mio modesto giudizio – più appropriato a descrivere il sentimento di assenza e il sincero dolore della perdita, poiché più spontaneamente vissuto.
Francamente non so quale dei tuoi testi mi piaccia di più, forse quello del Foscolo in quanto più familiare avendolo studiato a scuola.
Un plauso anche ai traduttori che rivelano un altro lato del loro indiscutibile talento.
anch’io allora metto in versi liberi in Italiano
.
Per molte genti ed acque trascinato
vengo, fratello, all’ultimo tuo approdo
per un’ estrema offerta ai Mani tuoi,
saluto estremo al cenere tuo muto.
Ché proprio te mi strappò via la sorte,
infelice fratello a me rubato.
Ora, secondo l’uso nostro antico
alla tua tomba io reco mesti doni;
accoglili, di questo pianto intrisi,
e per sempre, fratello, addio…addio.
Un plauso anche a te prodigiosa Lidia!
Alle belle traduzioni precedenti aggiungo questa mia.
“Per molte genti e molti mari spinto
a queste meste inferie son venuto,
fratello mio, per darti il dono estremo
che ai morti si concede e per parlare
invano con le tue silenti ceneri,
poiché te, proprio te l’aspra fortuna
-ah, fratello infelice!- a me sottrasse.
E sia! Ma queste offerte tuttavia
che con aviti riti ti presento,
triste dono, tu accoglile, perfuse
di molto pianto fraterno, e per sempre
addio, fratello mio, e ancora addio.”
Caro Pasquale, complimenti anche a te. Manco solo io ma non mi sento di gareggiare con simili campioni!