EUGENIO MONTALE
(Una poesia di forte impatto)
Il sogno del prigioniero
Albe e notti qui variano per pochi segni.
Il zigzag degli storni sui battifredi
nei giorni di battaglia, mie sole ali,
un filo d’aria polare,
l’occhio del capoguardia dallo spioncino,
crac di noci schiacciate, un oleoso
sfrigolio dalle cave, girarrosti
veri o supposti- ma la paglia è oro,
la lanterna vinosa è focolare
se dormendo mi credo ai tuoi piedi.
La purga dura da sempre senza un perché.
Dicono che chi abiura e sottoscrive
può salvarsi da questo sterminio d’oche;
che chi obiurga se stesso, ma tradisce
e vende carne d’altri, afferra il mestolo
anzi che terminare nel paté
destinato agl’Iddii pestilenziali.
Tardo di mente, piagato
dal pungente giaciglio mi sono fuso
col volo della tarma che la mia suola
sfarina sull’impiantito,
coi kimoni cangianti delle luci
sciorinate all’aurora dai torrioni,
ho annusato nel vento il bruciaticcio
dei buccellati dai forni,
mi sono guardato attorno, ho suscitato
iridi su orizzonti di ragnateli
e petali sui tralicci delle inferriate,
mi sono alzato, sono ricaduto
nel fondo dove il secolo è il minuto
e i colpi si ripetono ed i passi,
e ancora ignoro se sarò al festino
farcitore o farcito. L’attesa è lunga,
il mio sogno di te non è finito.
Eugenio Montale
(da La bufera e altro)
***
4 risposte
Premesso che Montale non è mai stato uno dei miei grandi amori, questa è certamente una poesia coraggiosa in quanto ritengo che sia la metafora della prigionia intesa non come “status” vero e proprio ma come situazione di condizionamento quale poteva presentarsi sotto il regime fascista in cui non si poteva esprimere il proprio pensiero liberamente se contrario al regime stesso ( ricordiamo che Montale non volle mai iscriversi al PNF). Infatti perché chiamare oche i poveri prigionieri di guerra – o eventualmente per qualche reato – che non avrebbero potuto cambiare in alcun modo la loro posizione di carcerati passando a sostenere gli “Iddii pestilenziali” ? Poesia di forte denuncia quindi. Ma il sogno, sia che si possa avverare o meno, è sempre quello che riesce a far sopportare all’uomo ogni sopruso e ogni angheria.
Perché non amo molto Montale? Per il suo parziale abbandono della metrica anche se versi come “nel fondo dove il secolo è un minuto” oppure “e i colpi si ripetono ed i passi” la rispettano in pieno. Ed anche “la lanterna vinosa è focolare” che è un’immagine bellissima.
Poca metrica, pochissima. Una poesia diretta, dura, coinvolgente. Che invita alla partecipazione. Il prigioniero, il campo di concentramento… O forse, una prigione tutta interiore, riflesso di una umanità schiava dei propri errori, della propria condizione di non libettá nel sistema di oppressione che ci limita e ci lega. Emerge nel sogno, la figura salvifica della donna, la cui femminilità così distante dalla pratica delle stragi e del sangue, appare come unico punto a cui affidare la salvezza di tutti. Almeno io la interpreto così… Ma non so se è la chiave giusta.
Al netto dei contenuti che, come osserva Carla, sono pregevoli, troppe parole ricercate disseminano questa poesia.
Quello di usare lemmi raffinati e desueti è un vezzo che caratterizza e dà anche una certa nobiltà al dettato montaliano, ma qui forse il grande poeta si è lasciato prendere la mano cadendo in una sorta di leziosa ostentazione verbale.
Qui la scrittura poetica pertanto risulta sostanzialmente artificiosa oltre che, a tratti, anche piuttosto nebulosa.
“Montale non si critica…si ammira e basta. ” Dovrei dire così? E dovrei anche pensare così? Mi rendo conto di chi si tratta, ma siccome non sono in grado di commentarlo come, credo, sarebbe mio dovere… o giù di lì, mi limito a notare che la presenza di qualche endecasillabo dice poco, e non dovrebbe sorprendere dato che spesso parliamo in endecasillabi e settenari…qualche bella immagine viene a tutti , o per istinto, o per studio, o per ” sbaglio” …e mi faccio , piuttosto, una domanda semplice :” come si riconosce una prosa da una poesia”? Di fronte a testi come questo io non lo so nè mi pesa ammetterlo.