Bino Rebellato, Alcune poesie

BINO REBELLATO

Bino Rebellato nacque il 15 gennaio 1914 a Cittadella (Padova) e lì morì, il 18 luglio 2004. Scrisse versi fin dal ginnasio, frequentò la facoltà di Lingue e letterature straniere all’Università di Venezia, combatté nella Seconda Guerra Mondiale prima come soldato, poi come comandante partigiano. Fondò la benemerita Casa Editrice Rebellato e il “Premio Cittadella”, uno dei più importanti concorsi letterari italiani. Tra le sue amicizie e frequentazioni nomi illustri: Andrea Zanzotto, Mario Luzi, Carlo Bo, Diego Valeri e tanti, tanti altri.

Tra le sue opere ricordiamo: Poesie, Rebellato, Padova, 1954; Il tempo infinito. Poesie di Bino Rebellato (1954-1959), Rebellato, Padova, 1959; Inni brevi alla gioia 1933-1934, Bertoncello, Cittadella, 1975; Da una profonda immagine, Rusconi, Milano, 1980; L’ora leggera, Scheiwiller, Milano, 1989.

Bino Rebellato è un poeta attento al fèrvere interiore della vita nelle sue inflessioni spirituali e nelle sue epifanie fenomeniche, ne percepisce -attraverso un viaggio catartico-  la valenza misteriosa e quasi noumenica, nella consapevolezza che la poesia non possa consistere se non in un approdo, magari incerto e provvisorio, alla “dicibilità” di sé e del mondo.  (P. B.) 

 ***  

Mio notturno compagno partigiano

Quali origini
quale nome
alla figura che dà forma
a questo sacco
di carne e d’ossa;

insondabile il segno del magnete
che smuove i circuiti
nervosi ad una frase;
la mente che intuisce
ciò che l’occhio non vede;

questo mucchio di stracci
con lo sguardo pietoso;
questo pupazzo che sa cantare
con l’armonica a bocca modulate
sequenze gregoriane,
mio notturno compagno partigiano
con la morte alla gola;

inafferrabile presenza
che mi appare in umane sembianze;

tanto vicina
quanto remota;
assente alla parola
assente ad ogni luogo;

che nessuna potenza può toccare.

*

Non ho mai scritto il verso

Non ho mai scritto il verso
che per tutta la vita
ho sognato di scrivere.

E non ho mai saputo
il vero puro timbro
della mia voce.

Di sorprenderla
ogni giorno m’illudo
in attimi di grazia
immacolata come l’alba
prima del mondo.

Dalla mia lingua muta
parla una voce
che non conosco.

*

Spogli di ciò che fummo

Il mio paese
ha consumato
il tempo del patire;

portici rive spalti
case traverse piazze torrioni mura
variano ad una
voce
che appena arriva.

Docili al suo richiamo
spogli di ciò che fummo
seguiamo il muoversi leggero
di un mattino
portato via dal vento.

*

Un’antica abitudine  

A un certo punto
ci prende un’ombra
e non sappiamo più chi siamo
e perché siamo qui.
L’estate brucia gli occhi
avvampa la montagna
tenebra fuoco immensità di un altro mondo.
All’orlo ci trattiene ancora
un’estrema pazienza,
un’antica abitudine del nostro povero dire
spento e vivo
in altri che saranno,
remota nella mente che ci assume.

 *

Da quanti anni aspettavamo 

Da quanti anni aspettavamo
di arrivare qui,

a questo piccolo paese
di pianura, fatto

di lunghe siepi ed aie con nemmeno
un’ombra di paura.

Lunghi anni abbiamo vissuto
per giungere a quest’ora

di semplici parole
che fanno l’amicizia.

Bino Rebellato

 

***

 

 

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3 risposte

  1. Dirò che di primo acchito queste poesie non mi hanno emozionato. Il mio strano modo di giudicare è a pelle: se un testo mi colpisce, il mio cervello si mette in moto e sforna anche lui uno scritto, un pensiero che mi soddisfa, che mi fa sentire “poeta”. Non è accaduto niente di tutto questo però a una seconda rilettura ho notato una sincera profondità in certi versi di cui non mi ero accorta precedentemente.
    Ma la figura di Rebellato spicca nel panorama della letteratura soprattutto per la sua Casa editrice. Essere pubblicati da Rebellato significava entrare dalla porta principale negli ambienti letterari, in quanto il Nostro non si faceva pagare e quindi dava alle stampe solo quello che credeva meritevole non come accade ora che c’è sempre al minimo il “do ut des”. Era una “mosca bianca” ed è giusto che venga ricordato.

  2. Il primo titolo è forse gravato da un sovraccarico di enfasi epica.
    Ma le composizioni successive, specie la terza, “Spogli di ciò che fummo”, mostrano una scrittura poetica più asciutta, essenziale e originale.
    Così si palesa meglio la poetica distintiva di Bino Ribellato, tutta rivolta a rappresentare l’evanescente clima di confine dell’identità individuale: poetica tragica e inquietante, elaborazione del dubbio e della perdita, atmosfera e percezione dell’incertezza e della volubilità delle vicende di ogni vita umana.

  3. La poesia di Rebellato non mi dispiace. La trovo umilmente sincera, spontanea, non costruita, non forzata. Vi avverto la consapevolezza del non conoscersi, il tentativo di guardarsi dentro per provare a scoprire le parti più recondite di un sé che tuttavia sfugge e rimane mistero. Il tutto calato nella precarietà di un vivere che si riassume ed emerge e si consuma in un attimo.

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