LIDO PACCIARDI
Poesia di grande nitore formale, fervida, composta, umanissima. (P. B.)
***
Sera di maggio
L’anima mia s’accende,
rivive questa sera
nel sereno ombreggiare che riposa;
silente una preghiera
che s’alza e che discende
sul boccio reclinato della rosa.
Sotto un mantello azzurro
imbruniscono i campi alla pianura,
morenti nella luce.
L’ultima voce, l’ultimo sussurro:
un attimo, e non dura.
Mi spinge, mi conduce
un tremito, il fluire
dove si perde l’ora.
Un sereno morire,
per rinascere ancora.
*
Dalla Valle Benedetta
Invesperare d’ore di tramonti,
come rossori in volti di fanciulle,
dilaganti nel cielo, su orizzonti
ardenti, in fiamme, in un ondar di tulle.
In questo tempo si raccoglie a sera
lo stupito silenzio delle cose,
nell’odorosa e mite primavera
la giovinezza albata delle rose.
Fugace è l’ora, risplendente e breve;
traboccano le note della notte
mentre la luna semina di neve
alte scogliere corrucciate e rotte.
Giù la città riposa in un sospiro
lieve d’un vento mite, aquilonare,
fresco e lascivo, che si perde in giro
e fugge poi spegnendosi sul mare.
Alta, sui poggi, Valle Benedetta
a sorvegliar le stelle fino all’alba,
mentre in viticci riannodata e stretta
sbianca la macchia in folti di vitalba.
Discorrono romite le fontane
mentre la notte tutta si consuma
fino al primo tinnire di campane.
Livorno, in basso, si concede e sfuma.
*
Terra galestra
Terra galestra, posi le radici
profonde nel tuo seno in faccia al mare,
oltre il lampo d’argento degli allori
dentro tramonti d’oro e notti chiare.
Terra galestra, giorni miei felici
nel tempo che ci spinge e che scompare
nella fuggente luce, ed i colori
che s’affacciano vivi al ricordare!
Terra galestra, stai sul mio passato,
ancor porto nel cuore i tuoi sapori,
le cose ora perdute che m’hai dato.
Terra galestra, terra dura, arsita,
m’hai regalato sempre i tuoi rossori
colmando del tuo sangue la mia vita.
*
Amore sul mare
Il sole tramontava sopra il mare.
Assorta tu fissavi l’orizzonte
che pareva nel fuoco divampare.
Accarezzavo, muto, la tua fronte;
scorgevo nei tuoi occhi trapassare
l’azzurro in cielo e il verde sopra il monte.
Lambivano le onde la scogliera
ed eri lì con me e non parlavi,
in un silenzio, assorto, di preghiera.
Col tuo sorriso d’oro mi guardavi
nel vanire del vento della sera.
Ed io t’amai di più mentre sognavi.
*
Nella terra di Gesù…
Nel mondo, in ogni tempo, in ogni terra,
c’è una Gerusalemme che divide;
una bandiera c’è per ogni guerra,
un sudario a colori che ti uccide.
10 risposte
Grazie Pasquale per avere, ancora una volta, rivolto la tua attenzione ai miei versi. Grazie davvero.
Grazie a te, Lido, per il contributo che, in varie forme, mai fai mancare al blog. Meriti, in tutti i sensi.
Queste le conosco benissimo 🙂 Sono nell’ultimo libro di Lido Pacciardi ” Già cammina la sera” il cui titolo venne in mente a me e del quale ho avuto l’onore e l’immenso piacere di scrivere la prefazione. Pacciardi è un poeta davvero a tutto tondo : la musicalità dei suoi versi è impagabile, il lessico punteggiato di preziosismi che rifulgono qua e là come gemme ormai rare su un tessuto ” di qualità” come Dio comanda. Leggere Pacciardi è, per me, aprire la porta alla vera poesia, all’armonia spontanea che viene prima di tutto dall’orecchio e secondariamente dalla tecnica. Non c’è tema che Pacciardi non tratti e nella maniera più consona. Non manca nelle sue poesie l’amore “Col tuo sorriso d’oro mi guardavi”…”Accarezzavo, muto, la tua fronte;”..” ed io t’amai di più mentre sognavi”…è un quadro romantico, d’accordo…non è la narrazione di una prepotente passione dei sensi come mi è capitato di leggere in altri poeti, …ma certe cose si possono benissimo sottintendere, si può intuire un prima e un dopo…insomma la poesia, secondo me, non dovrebbe essere un resoconto in versi di cose umanissime, comunissime ma che non è necessario mettere in piazza e raccontare, diciamocelo chiaro… con termini” volgari”. Poi ognuno la vede come gli pare, questo va da sè …c’è chi trova armonia nel suono del violino e chi in quello del corno da caccia…e di sicuro anche quello suscita immagini e sensazioni. Io preferisco ascoltare il suono del vento e la voce del mare o delle campane che trovo nelle poesie di Pacciardi.
“Terra galestra
Terra galestra, posi le radici
profonde nel tuo seno in faccia al mare,
oltre il lampo d’argento degli allori
dentro tramonti d’oro e notti chiare.
Terra galestra, giorni miei felici
nel tempo che ci spinge e che scompare
nella fuggente luce, ed i colori
che s’affacciano vivi al ricordare!
Terra galestra, stai sul mio passato,
ancor porto nel cuore i tuoi sapori,
le cose ora perdute che m’hai dato.
Terra galestra, terra dura, arsita,
m’hai regalato sempre i tuoi rossori
colmando del tuo sangue la mia vita.”
Il sonetto epistolare in seconda persona a iterazione strofica di vocativo, ode celebrativa della propria terra, è notevolissimo non solo per le capacità evocativa e descrittiva della pittura di un affresco sinestesico della memoria, ma anche per la straordinaria unità della linea narrativa, sempre sostenuta da una vigorosa eloquenza che si corrobora nella splendida terzina finale.
Lido poeta non mi delude mai ma qui ha toccato uno dei suoi apici.
Bellissime liriche ,queste di Lido Pacciardi ,che leggo ora ,dopo tanto tempo in cui sono stata assente dal blog.
Si susseguono ,in queste sue liriche,immagini in armonia col ritmo dei versi,che sembra avvolgere anche colori e profumi,ombre e sereno,in un fluire limpido in cui si consuma il tempo. Non si sente, tuttavia,l’ angoscia della fine,ma una velata elegia, sussurrata dagli elementi della Natura che, insieme,riescono quasi a far sentire, a chi si inoltra nella lettura, una sublime sinfonia di suoni,profumi e colori. E in questa ” miscellanea” di sfumature, che sembra nata dalla tavolozza di un pittore, ” i sapori del passato “,”le cose perdute” e perfino ” il sorriso d’oro”, intravisto nello sguardo dell’amata, si fanno strada come echi del vissuto che tornano, per superare , nella memoria, il tempo .
Caro Lido, sono riuscita a ripristinare l’accesso al blog interrotto per una di quelle schermate che ne coprono la visione. Le tue poesie sono davvero bellissime e capisco adesso perché ogni tanto tu, Luciano e Lidia siete un pochino troppo severi verso altri poeti che tutto sommato meritano: perché siete più bravi. Di te hanno detto benissimo e con acume tutti coloro che mi hanno preceduto. Complimenti vivissimi!!!
Anche le sei quartine di endecasillabi a rima alternata di “Dalla Valle Benedetta”, ulteriore omaggio alla sua terra, sono un esempio della magistrale scrittura poetica di Lido. Il tono di fondo, nella limpida “neutralità” del descrittivismo naturalistico, ha una mitezza tutta pascoliana. Tuttavia si apprezza anche un’ inventiva verbale autonoma e originale.
Sono molti i momenti felici di questa composizione ma ragguardevolissimo è l’endecasillabo di chiusura, verso di straordinaria eleganza.
“Dalla Valle Benedetta
Invesperare d’ore di tramonti,
come rossori in volti di fanciulle,
dilaganti nel cielo, su orizzonti
ardenti, in fiamme, in un ondar di tulle.
In questo tempo si raccoglie a sera
lo stupito silenzio delle cose,
nell’odorosa e mite primavera
la giovinezza albata delle rose.
Fugace è l’ora, risplendente e breve;
traboccano le note della notte
mentre la luna semina di neve
alte scogliere corrucciate e rotte.
Giù la città riposa in un sospiro
lieve d’un vento mite, aquilonare,
fresco e lascivo, che si perde in giro
e fugge poi spegnendosi sul mare.
Alta, sui poggi, Valle Benedetta
a sorvegliar le stelle fino all’alba,
mentre in viticci riannodata e stretta
sbianca la macchia in folti di vitalba.
Discorrono romite le fontane
mentre la notte tutta si consuma
fino al primo tinnire di campane.
Livorno, in basso, si concede e sfuma.”
Carissimi amici, vi ringrazio dal profondo del cuore per i vostri benevoli commenti. Sarei un ipocrita se mi nascondessi dietro una dimostrazione di artefatta modestia e non dichiarassi esplicitamente che questi giudizi mi fanno estremamente piacere, mi incoraggiano, mi confortano nel mio scrivere. Il giudicare il lavoro altrui è sempre un compito rischioso e difficile. Si può cadere nell’ovvio o nella sopravvalutazione per i più svariati motivi: eccessiva empatia, vicinanza stilistica o argomentativa, affinità di origini o, al contrario, per motivazioni a queste opposte. Per parte mia il mio modo deriva, credo, non da una disposizione innata – che forse ho solo in minima parte – ma dalla antica consuetudine di una fanciullezza trascorsa, nelle sere di inverno, sulle ginocchia di mio padre Ferfinando, ascoltando la declamazione dei nostti Maggiori; non ultimo da una giovinezza trascorsa sempre, notte e giorno, in costante contatto con una natura che mi ha sempre parlato, di cui ho ascoltato la cangiante voce e che mi ha insegnato la vita. Grazie di cuore a tutti voi, cari amici, nella speranza che, almeno un poco, iniziative come questa del Blog possano arricchire e mitigare i tristi tempi che ci troviamo a vivere. Grazie ancora a tutti.
Voglio dire una cosa che non c’entra, ma che mi preme dire. Sono proprio contenta che Carla e Rosa siano tornate e non solo perché sono brave e sanno commentare con competenza come fanno anche Luciano che è super in tutto e Lido che è fenomenale, ma perché sono amiche e ci mancavano 🙂
Grazie Lidia.