GIOVANNA BEMPORAD
Nata a Ferrara nel 1928, Giovanna Bemporad si rivela fin dall’adolescenza una persona coltissima e assolutamente libera sotto il profilo comportamentale. Di famiglia ebrea, riesce a sfuggire alle persecuzioni di fascisti e nazisti, e s’impegna in traduzioni dal latino (a sedici anni ha già ridotto in endecasillabi l’Eneide), dal greco ( poemi omerici), dal francese e dal tedesco. Totalmente anticonformista, conduce una vita sui generis, fervida di traduzioni raffinate e preziose. Nel 1957 sposa Giulio Cesare Orlando, futuro ministro e senatore. Con Garzanti pubblica Esercizi, volume di testi poetici umanissimi e singolari, successivamente ripubblicato in edizione accresciuta. Muore a Roma, il 6 gennaio 2013.
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Sogno vince realtà
Più non sorga il domani: eterna e chiara
sia questa notte; in me dilaga il sole.
È sogno o realtà l’ombra che illumina
la stanza vuota? Lenta batte l’ora
sull’estasi notturna. Aspetto insonne
che il giorno la sua immagine mi porti
mentre dalle mie braccia fugge timida
quasi del primo albore, assecondando
il sogno di chi muore ebbro di luce.
*
Veramente io dovrò dunque morire
come un insetto effimero del maggio,
e sentirò nell’aria calda e piena
gelare a poco a poco la mia guancia?
Più vera morte è separarsi in pianto
da amate compagnie, per non tornare,
e accomiatarsi a forza dalla celia
giovanile e dal riso, mentre indora
con tenerezza il paesaggio aprile.
O per me non sarebbe male, quando
fosse il mio cuore interamente morto,
smarrirmi in questa dolce alba lunare
come s’infrange un’onda, nella calma.
*
a Leopardi
La bianchissima luna alta è salita
dopo l’addio del giorno, a consolare
alberi, campi e strade. Pensierosa,
con qualche primula sfiorita in mano,
va una giovane bruna alla sua casa.
L’aria è tutta armonia: sarebbe dolce
svanire in questa immensità serena;
batte a rintocchi lenti una campana,
tra un poco d’erba io vedo spalancarsi
la sepoltura. Oh vertigine d’ombre!
La luna va calando all’orizzonte
dove si perde la pianura, e dice
che trapassare al nulla non è male.
*
L’anima mia che ha tristezze d’aurora
L’anima mia che ha tristezze d’aurora
e di tramonto, e il gusto della morte,
non più tenuta viva da illusioni
piange sommessa al clamoroso mare
come un fanciullo triste, abbandonato
senza difesa a tutti i suoi terrori.
Ma quando il sole un riso di rubini
mi semina tra i solchi della fronte,
spiegano i sogni un volo di gabbiani!
Persa in un mondo di gocce d’azzurro
e di freschezza verde, annego in questo
mare più dolce dell’oblio l’angoscia
cupa degli anni tardi, in cui presento,
rammaricando, che il mio tempo è morto.
Giovanna Bemporad
7 risposte
Una poetessa, una donna, che vive e si alimenta di Poesia: quella vera, limpida, che si costruisce, avvalorandosi, sulla propria spontanea perfezione, su una richezza formale che accresce e nobilita l’integrità del sentimento. Oltre l’originalità, la fantasia, la capacità di colorare e di rappresentare, di esternare in modo pressoché perfetto, si avverte tanto mestiere, acquisito con un lungo lavoro, con un bagaglio di esperienze di traduzione e di lima, che finiscono per proporsi con forza e naturale freschezza. E aleggia su tutto la consapevolezza non tragica della morte, uno svanire delle ultime ombre, senza disperata rinuncia, una sorta di anticonformismo esistenziale: “…sarebbe dolce svanire in questa…ecc. – …e dice che trapassare al nulla non è male”.
La poesia di Giovanna Benporad è una prosa lirico-meditativa di alto livello di formale.
Le immagini sono nitide, la narrazione eloquente, di ampio respiro.
Un qual certo olimpico distacco, conferisce a questo dettato poetico un’aura di appagata serenità.
A queste pagine mancano forse i ritmi e le misure e anche la sintesi verbale che caratterizzano certo linguaggio poetico più compiuto, più completo.
È piuttosto, come detto, una prosa lirica di alta qualità.
Grazie, Pasquale, per questo regalo. Ferrara celebra con gran pompa i suoi figli, magari acquisiti, di incerto valore, dimentica completamente quelli invece che la onorano con le loro opere. Giovanna Bemporad non è stata mai celebrata né in vita né in morte. Forse nelle alte sfere si ignora che sia una ferrarese.
Carla Baroni
La versificazione in endecasillabi sciolti della Bemporad, Carla, ricorda il tuo modo di fare poesia.
Grazie, Luciano, ti ringrazio infinitamente. A parte che non condivido completamente il tuo parere sulla Bemporad che è, a mio giudizio, una poetessa a tutto tondo infinitamente migliore di altre celebrate nel suo arco di tempo, quello che mi fai è un complimento grandissimo. Se veramente assomigliassi anche solo un poco alla Bemporad mi bacerei i gomiti. Grazie ancora
Giovanna Bemporad ha un modo assolutamente personale di far poesia, e ciò dovrebbe allertare il mondo della critica letteraria, notoriamente distratto. Lei sta nella poesia di suo, in modo fervidamente naturale. Ha una sensibilità acutissima, quasi “spietata”, soccorsa da strumenti espressivi rifiniti e temprati da un’infinità di traduzioni: si spiega così lo splendore della parola, che riempie di vita i suoi versi sormontando ogni cupa immagine di morte. Una versatilità verbale composta e suasiva, che si traduce in logos e alimenta i territori dello spirito.
Bellissimo. Tutto.
Dolce e triste l’atmosfera di queste poesie sul filo armonioso di un perfetto endecasillabo che narra e si confessa in un discorso fluido e chiaro. Il senso della fine, il rimpianto per quello che con la morte si perde e insieme la dolcezza di quella pace che si può sperare di trovare solo nell’oblio di un totale annullamento. L’amore per Leopardi è già chiaro in espressioni come
“……………annego in questo
mare più dolce dell’oblio l’angoscia”.