Pasquale Balestriere
MEMORIE DI ULISSE
( Di vita, di navi e Navigli)
E giaccio qui sul cuore di Penelope
alla tardiva fiaccola che brucia
l’ultimo buio della notte. Stanca
è però questa donna della tela.
La trama della vita anch’io ripongo
e ancora il tempo misuro tra luna
e luna, nel ricordo di violenti
schiaffi d’onda sul ben contesto guscio
che sbanda e salta e affonda con sussulti
di cuori e tenui speranze d’approdi.
Ah, pianure di Troia, dove in neri
grumi s’estinse tanto chiaro sangue,
dove i migliori compagni lasciarono
la vita, sciolte membra, per la via
maestra! Torti e canuti sentieri
a me il fato prescrisse, senza gloria.
Ogni viaggio è compiuto. Sei venuto
a capo d’ogni rotta, i tanti sfagli
di cuore dominati dai ricordi.
Le stelle non ammiccano, silenti.
Altre storie ci sono di Navigli
dalla terra domati e dai bardotti,
vènule di città, invasi un tempo
da grida di fatica, ora dismessi,
d’alzaie spenti e vedovi. Neppure
in quelli c’è più respiro di vento.
È tempo d’acquietarsi nella sera.
Pasquale Balestriere
***
Un giudizio lusinghiero che mi ha sempre emozionato: “Secondo me la poesia è bellissima per la perfetta armonia di mito e visione, pensiero e sogno, allegoria e verità. È una delle più significative che abbia letto negli ultimi tempi.” (Giorgio Barberi Squarotti)
6 risposte
Complimenti, Pasquale. Che dire?
Esprimo il mio breve e sentito sentimento: bella, fragile, delicatissima. Una tessitura d’argento. La rievocazione del “viaggio” che restituisce echi antichi di un ritorno ad un approdo luminoso, agognato, sofferto. Ogni parte di noi rimane sempre un poco… indietro. Là dove vivono i nostri ricordi…
Grazie, Lido, per la tua interpretazione. La stanchezza di un Ulisse ritornato alla vita monotona e al tran tran giornaliero dopo l’eccezionalità della guerra e delle imprese eroiche è la stessa dell’uomo contemporaneo che ha perso gli ideali. Proprio come i Navigli milanesi han perso la vita, una volta privati dell’andirivieni di barconi e zattere che spostavano merci e alimentavano commerci. Anche loro si acquietano nella sera.
Eppure… Eppure, caro Pasquale, dal tormentato “viaggio della vita”, quando alla fine faremo il bilancio di ciò che siamo stati, dovremo avere ben presente, anche nel momento del riposo, non tanto e non solo il valore delle mete raggiunte o mancate, ma quello del “viaggio in sé”. rendendoci conto che tutto può essere stato vano, che invano avremo raggiunto la nostra Itaca, se non abbiamo saputo portare con noi, nel nostro peregrinare, insieme ai desideri, ai propositi più o meno realizzabili e alla nostra “esperienza tecnica”, anche un semplice, profumato ramoscello di lillà. Allora gli stanchi legni delle nostre tante traversate dondoleranno tranquilli al vento della sera.
Io, per me, caro Lido, un grappolo d’uva. Poi, magari, ne faccio vino…
È già molto….
Mi propongo per la… degustazione.
Bellissima. Mi piace per il senso di inutilità di tanto affannarsi nel mondo quando poi, alla fin fine, la riva a cui approdano l’eroe , l’imbelle, il viandante e il sedentario, è la stessa : le spiagge della vecchiezza accolgono senza distinzione quelli che hanno la fortuna o la sfortuna di approdarvi. Cosa rimane qui del più astuto fra gli uomini, del combattente valoroso, del prediletto di Atena se non un uomo amareggiato che non pensa nemmeno di essersi guadagnato un po’ di fama…e cosa resta della donna che l’ha aspettato devota se non una donna stanca… Non avevo mai immaginato un Ulisse così arreso…ma in fondo anche in questo Odisseo è simbolo dell’Uomo come lo è stato nel desiderio di conoscenza e di avventura…tutti alla fine dobbiamo arrenderci al tempo, il primo fra gli dei, quello che tutti precede e segue e che di nessuno si dimentica.