Umberto Vicaretti, A mia figlia

 

UMBERTO VICARETTI

      Rose di  Plymouth

                                             A mia figlia

Roma di notte trattiene il respiro,
scorda il rugghio del giorno, le sirene,
pulsa nel lampo giallo dei semafori.

I manichini dentro le vetrine
spente strizzano l’occhio,
sbirciano caso mai se dentro ascolti
nuda la loro stessa solitudine.
Breve ho una fitta tra i passi e i capelli,
sento la voce che viene da nord:
ho una rosa che fiorisce a Plymouth,
tra Regent Street, seven, and the University.

All’angolo del Corso, inanimate
eppure vive, sostano alle porte
sagome senza nome né memorie,
avviluppate in cumuli di cenci.

Risalgo i Fori e sento
che tutto consumato è questo tempo,
reperto anch’io tra le colonne e gli archi.
Cerco profili e un moto impercettibile
tra l’erme a rivelare una presenza.

Disdico abbracci. Niente
lega il mio sangue ormai a questa terra,
mentre dipano il filo che mi porti,
come una volta Roma,
oltre le Gallie,
antiche rotte, in cerca della rosa.

Umberto Vicaretti

 

 

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3 risposte

  1. Nitida e icastica, rivolta all’affetto più caro, la lirica di Umberto cela e contiene il pathos nella cronaca di una passeggiata romana, narrazione ragguardevole per capacità descrittiva.
    In uno splendido endecasillabo il poeta stesso diviene parte del paesaggio (” reperto anch’io tra le colonne e gli archi”).
    La chiusa, liberatoria e siglata da un’immagine intensa e vaga (“in cerca della rosa”), è un’ode allo spirito nomade, lievito della vita.

    1. Dici bene, Luciano. Umberto Vicaretti è uno dei poeti migliori che io conosca. Ha sensibilità, profondità, felicità d’ispirazione, perizia espressiva. Commuove o, se si vuole, emoziona. Fa vibrare le corde del cuore e genera grazia e bellezza. Che è quello che si chiede alla poesia.

    2. Grato, Luciano, per la consueta tua bravura, per la chiara, estrema ed efficace sintesi con cui pienamente cogli il focus secondario del mio dettato, ovvero quel “reperto anch’io” (nel frattempo dilatatosi a status permanente), che segna il discrimine tra il passato e l’oggi, tra la luce e l’ombra.

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