Tino Traina. Poesia e dintorni

Tino Traina
Collaboratore di “Glosse alla vita”

 

Premessa

Pubblico questo contributo, appena giunto, di Tino Traina, in quanto  cade opportuno nella discussione – che spero si apra – sulla  poesia  di Andrea Zanzotto pubblicata ieri. Anzi, è certamente propedeutico.

                  Tino Traina su

  Poesia e dintorni – Figlio di …!-

“PROLE  DI  MERETRICE”!!  E’ quello che un giorno si sentì dire Saro Scognamiglio, detto “u tabbutaru” per via che aiutava saltuariamente in una agenzia di pompe funebri.

Ma il suo vero lavoro, o meglio la sua vera passione, erano i maiali che da sempre accudiva e con i quali ormai parlava a grugniti, capendo e facendosi capire.

Aveva Saro imparato una nuova lingua, senza però aver mai saputo la sua, cioè l’italiano.

Proprio per questo quella frase non la capì, anzi , superata la perplessità iniziale, gli suonò all’orecchio quasi come un complimento che quel giovane alto, magro, elegantemente attillato nel suo vestito scuro con cravatta,  gli pronunciò sulla faccia, sillabandola  con voce calma, dal finestrino della sua bellissima automobile, tirata a lucido da non più di un’ora e da qualche istante  schizzata di fango dalla pozzanghera su cui Saro aveva fermato di botto una ruota del suo sgangherato furgoncino.

Si guardarono per qualche istante negli occhi, poi Saro fece una specie di grugnito e via dai suoi maiali.

Si tratta di un classico esempio di messaggio (prole di meretrice), che un emittente (il giovane), invia ad un destinatario (Saro), usando un canale che è la voce, in un contesto costituito da un danno accidentale (l’automobile sporcata), in cui, secondo la teoria della comunicazione di Roman Jakobson, a prevalere è la funzione conativa in quanto il messaggio attira l’attenzione sul destinatario.

Il punto fondamentale, però, di questa vicenda è la mancata decodificazione del messaggio da parte di Saro per ignoranza lessicale, cioè per mancata conoscenza delle parole costituenti la propria lingua, che è quanto avviene quando manca l’esercizio della lettura e lo studio della grammatica.

In una situazione simile, cioè di ignoranza lessicale e incapacità di decodificazione, si trovano generalmente coloro i quali incontrano per la prima volta o di tanto in tanto un testo poetico.

In questo tipo di popolazione ritroviamo soprattutto, ma giustamente, gli alunni dei primi anni di scuola, quando l’incontro con i testi poetici richiederebbe tutta una fase preparatoria da parte dell’insegnante.

Il testo poetico, infatti, pur essendo costituito dalle stesse parole cui attingono il linguaggio comune

e altri tipi di linguaggi più o meno colti, si distingue da questi per una sorta di scarto, di slittamento semantico che il poeta ottiene per traslato metaforico, mediante l’uso di artifici retorici, le cosiddette figure retoriche, di una retorica figurata e non di una retorica ornata di triste memoria.

La parola, in definitiva, mantiene lo stesso significante con un significato diverso.

Per questi motivi, ogni approccio ad un testo poetico richiede:

1)      Più letture, a cominciare dal titolo;

2)       Comprensione del significato letterale di ogni parola, mediante l’aiuto di un buon vocabolario;

3)      Identificazione delle figure retoriche in modo da ridurle a linguaggio comune, secondo più regolari norme grammaticali;

4)      Stesura di una propria versione che sia al contempo interpretazione e rielaborazione personale del testo poetico.

Quattro punti fondamentali che stanno a base della cosiddetta “Parafrasi”.

 Tino Traina

 

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5 risposte

  1. Beh…credo che nessuno possa dissentire dal fatto che le parole possano assumere significati o valori diversi: a volte in sé e per sé, a volte in relazione al contesto e a volte anche solo per l’intonazione della voce o l’espressione del viso. Ne prendo una per molte altre : ” stupido”..cosa significa? I sinonimi non mancano, ma resta il fatto che se lo dico invelenita a Beppino quello mi risponde come un cane, se lo dico col sorriso e gli occhi dolci a Peppino quello mi sorride.

  2. Beh…credo che nessuno possa dissentire dal fatto che la stessa parola può assumere significati diversi : a volte in sé e per sé, a volte in relazione al contesto, anche se il contesto è solo l’intonazione della voce o l’atteggiamento. Ne basti una per tutte : ” stupido”..cosa vuol dire? Si spiega il significato in generale, se ne trovano sinonimi, ma resta il fatto che se a Beppino glielo urlo o sibilo invelenita quello mi sistema, e se glielo dico col sorriso e gli occhi dolci quello fa le fusa…

  3. Il senso e il valore di una poesia sta nel suo testo, tale e quale com’è.
    Se io ne faccio la parafrasi inevitabilmente lo altero e lo mortifico.
    In ogni caso fare la parafrasi di certe poesie piene di metafore ingarbugliate, Tino, non è affatto semplice.
    A volte sembra che il loro senso sfugga anche allo stesso autore.

    1. E poi come si fa a fare la parafrasi di una poesia che non si capisce e con pindarici voli grammaticali? Oltretutto ci sono, nella nostra lingua, termini dai molteplici significati . In definitiva è già difficile scavare nell’intimo di una poesia dalla scrittura apparentemente lineare, figurarsi di una che presenta un inciampo ad ogni passo.

  4. Mi riferivo al lavoro di educazione e preparazione che l’insegnante deve attuare nei confronti di giovani allievi di fronte al testo poetico. Far comprendere che la parola ha una componente fisica ( forma, suono, posizione) che è il significante e una componente intellettiva che è il significato che convenzionalmente abbiamo dato ed elevato a norma per intenderci. In questo modo abbiamo stabilito che la parola “cuore” indichi quel muscolo che presiede incessantemente alla circolazione sanguigna. Ma il poeta compie una vera e propria rivoluzione linguistica che è la semantizzazione del significante, per cui usa la parola come quegli utensìli a manico fisso e punta mobile lasciando lo stesso significante e cambiando il significato, per cui “cuore” assume significati diversi quando si dice: hai un cuore di pietra; sei senza cuore; ecc.. Si tratta di un processo di traslazione metaforica che disorienta il lettore perché tradisce il patto linguistico convenzionale a cui il giovane o occasionale lettore deve essere educato. La parafrasi che l’insegnante dovrebbe stimolare serve a cogliere il nesso tra linguaggio comune descrittivo-referenziale e quello poetico connotativo (da cum notare= più significati, con ampliamento del lessico). Successivamente dovranno essere compresi, come inerenti alla parola poetica, i concetti di ambiguità, polisemia, areferenzialità.

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