Carla Baroni su Maria Marchesi

Carla Baroni

 

 

MARIA  MARCHESI

Una poetessa senza identità anagrafica

                                            di Carla Baroni

Non conoscevo Maria Marchesi, anzi non l’avevo mai sentita nominare ma, avendola un amico elogiata, mi è venuta la voglia di leggere qualcosa di suo. Intanto ho cercato qualche notizia su Wikipedia; però da questo sito è completamente ignorata, anche se in esso vengono ospitati molte volte personaggi di scarsa importanza. E allora sono andata a spigolare qua e là su internet ricavando assai poco sulla sua identità.

L’unica cosa certa è che vinse il premio Viareggio per la poesia nel 2004 – ex aequo con Livia Livi – con la silloge L’occhio dell’ala (Lepisma 2003). Poi tutto il resto è fumoso, non documentato, la qual cosa è molto strana in un’epoca come la nostra in cui si sa tutto di tutti e la privacy, continuamente sbandierata, è un optional da fantascienza.

Si sa – o meglio si dice – che è nata nel Veneto da madre lombarda e padre friulano, però senza in alcun caso precisare quale sia l’effettiva località di provenienza. Anche la data di nascita è omessa ma questo potrebbe imputarsi al vezzo femminile di tenere celata la propria età. Si afferma inoltre che si sia laureata in lettere classiche con una tesi su Lucrezio e che abbia insegnato per un certo periodo greco e latino. Dove abbia conseguito la laurea e dove abbia esercitato sono altri busillis cui, allo stato, non si può dare risposta. Sono tutte notizie che si trovano nella prefazione – stilate dalla stessa autrice – del libro vincitore del Premio – che la Marchesi non andò mai a ritirare – o in una nota a parte.

Non c’è un indirizzo, un punto di riferimento, un appiglio per svelare qualcosa di lei, per farne un personaggio di carne ed ossa e non solo di carta. E allora si scava nei suoi testi, credendo di trovarvi indizi rivelatori che ci possono anche essere ma che, al contrario, forse sono attribuibili all’invenzione, alla capacità di creare dal nulla qualcosa che non esiste.

È il periodo in cui Alda Merini sta ottenendo un successo fin troppo eclatante per la sua apparizione al Maurizio Costanzo show. Il giornalista ama inserire nel suo programma personaggi fuori dalle righe: malati di mente, travestiti, cabarettisti sconosciuti, una popolazione variopinta ai margini della società. La poetessa lombarda è l’ideale, ha o ha avuto relazioni amicali, qualcuna anche un tantino burrascosa, con importanti scrittori italiani e soprattutto entra ed esce dal manicomio nel quale, a volte, la permanenza sembra essere volontaria. Ed è questo che intriga gli spettatori il risvolto umano, tuttavia molto artefatto, di una che si finge vittima di costrizioni impostele dalle leggi del tempo. E così incominciano a comprare i suoi libri, anche se di poesia non capiscono niente, per dimostrarsi colti, per essere à la page.

La poesia, anche la più autentica, ha sempre bisogno di una spinta per essere promossa: non credo che fra gli estimatori della Merini ci sia una percentuale molto alta di lettori, sia pur superficiali, di un Luzi o perlomeno un Montale.

Non potrebbe darsi che una persona, per ipotesi quella che qui si fa passare per Maria Marchesi, con un’accentuata abilità nello scrivere – perché ci sono poesie molto belle – non abbia un po’ confuso le acque, inserendo nei testi dettagli che porterebbero a confermare il suo preteso ricovero in un ospedale psichiatrico, dal quale sarebbe uscita con l’introduzione della legge Basaglia? Perché anche queste notizie si trovano nella succitata prefazione. In definitiva l’autrice dice di sé,  omettendo qualsiasi traccia che possa confermare quanto asserisce: un luogo, una data, un nome che possano in qualche modo identificarla e informarci di più sulla sua persona.

Della Marchesi sono stati pubblicati tre libri e l’autrice quindi ha avuto contatti, sia epistolari che telefonici. con varie persone. Possibile che non ci sia una qualche sorta di recapito che ci faccia risalire alla sua identità, a darci le notizie basilari ossia luogo e data di nascita? E i libri sono stati tutti stampati senza contratto? Perché di solito gli editori, prima di dare un libro alla stampa, vogliono guardarsi le spalle da ogni eventuale sgradita sorpresa e pretendono anche il codice fiscale, da solo sufficiente per un’esatta identificazione.

Nella postfazione del terzo libro Non sono più mia (Withe fly press, 2015) Gabriella Montanari – che ne è anche l’editrice – riferisce di una minuziosa ricerca da lei fatta per scoprire qualcosa su questa poetessa misteriosa e aggiunge qualche dato in più ma non sufficiente. La data di nascita è nell’agosto del 1925, giorno e luogo non precisati; quella della morte nel gennaio 2012 a Roma anche se di ciò non si trova alcuna traccia nei registri anagrafici della Capitale. La sua ricerca anche se intrigante non convince. Prima di tutto non è ben chiaro chi le abbia dato queste poesie e con quale autorità le abbia cedute: erede? E se erede consanguineo o testamentario? Come si sarebbe fidata la Montanari a pubblicare questo lavoro, se non fosse stata certa della sua provenienza e che colui che glielo aveva affidato non avesse avuto una qualifica ben precisa? Perché è da questa persona che doveva partire la caccia al tesoro.

Infatti sarebbe stato un bel rischio dare alle stampe un libro di cui poi qualcheduno   avesse rivendicato la proprietà.

E allora mi sorge il dubbio che Maria Marchesi non sia mai esistita, ma sia un personaggio inventato, promosso proprio da quell’aura di mistero che lo circonda. Un personaggio costruito forse da un uomo, se a pag, 89 di L‘occhio dell’ala alla penultima riga c’è scritto “stanco” anziché “stanca”. Refuso o lapsus freudiano? Non importa, le poesie intrigano ed è questo che conta.

 

Nota

Oltre i libri di cui sopra della Marchesi è stato pubblicato sempre da Lepisma nel 2005 un altro libro dal titolo Evitare il contatto con la luce.

L’autrice è una poetessa erotica che rivela molto crudamente le sue pulsioni vere o presunte che siano. Tuttavia in internet è molto sacrificata perché vengono mostrati, per una sorta di pruderie, i testi meno spinti. Ne riporto uno di quelli che la caratterizzano di più:

 

Quale veramente il motivo
per cui sono finita in manicomio?
Quante ipotesi! Io ricordo che i tramonti
mi portavano carrettate di carogne
e non sapevo che farne, così giravo nuda
sul terrazzo per morire a mezzanotte
nelle braccia di un cameriere che portava
cognac francese. Bevevo a garganella,
rubavo qualche stella, facevo all’amore
come un treno, dalle fogne
arrivavano gridi senz’ardore.

(da L’occhio dell’ala di Maria Marchesi)

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5 risposte

  1. Credo che l’aver pubblicato questo mio articoletto subito dopo quello su Celan, sia del tutto casuale e non volontario ma “L’occhio dell’ala”, titolo del primo libro della Marchesi, è proprio un verso del poeta rumeno anch’egli affetto da disturbi mentali.
    E, a ben osservare, si può trovare una certa affinità fra i due scrittori nell’introdurre all’improvviso nei propri testi un elemento apparentemente straniante e che però, attraverso la metafora, diventa collegamento tra la prima e la terza parte delle loro liriche, in Celan molto essenziale occorre spesso una rilettura, nella Marchesi, molto più discorsiva, si intuisce quasi sempre nell’immediato.
    Vorrei aggiungere a quanto ho già detto che la poetessa ha una musicalità a volte smorzata ma che rivela una buona conoscenza della metrica di cui fa un uso molto raffinato e moderno. Per avere un quadro più approfondito di questo chiamiamolo “personaggio” e del suo modo di scrivere, se non si possiedono i suoi libri, un assaggio si può avere in internet su “Poesie tratte da L’occhio dell’ala” e in una appassionata recensione di Maurizio Casagrande sul sito “I Poeti del Parco”.
    Aggiungo inoltre che il mio scritto ha dovuto essere corretto in quanto facevo su Alda Merini affermazioni ravvisate nelle chiose dei tanti suoi libri ma che al momento non sono stata capace di ritrovare e che quindi avrebbero potuto risultare calunniose non riportandone la fonte. Tuttavia confermo, anche se riceverò le critiche più feroci, il mio giudizio piuttosto negativo su questa poetessa in quanto il conformismo non è nelle mie corde. Se, come è capitato per altri scrittori, leggendo un qualche altro suo testo, dovessi convertirmi come San Paolo sulla via di Damasco ve ne farò partecipi.

  2. Sia veramente esistita o no, Carla, la Marchesi mi sembra abbastanza diversa da Celan, tanto che temo che la maggior corrispondenza fra i due poeti sia proprio biografica, nella comune esperienza del disagio mentale.
    Celan è un poeta fortemente ellittico, tendente alla variante in iterazione ( come già Campana), che procede per stacchi netti sovente in stile nominale, per illuminazioni deliberatamente disconnesse fra loro presentando metafore ardue, talora astruse, spesso sconfinanti nel surreale.
    La sua scrittura episodica e frammentata, dilata ed enfatizza le pause.
    La poesia della Marchesi, come tu noti, più conversante e inserita nel linguaggio corrente, è esplicita, spregiudicata, di un realismo franco, senza mediazioni.
    Le sue metafore, peraltro ben comprensibili, appaiono come iperboli peggiorative, deformanti, in un’ottica espressionistica.
    Insomma, una sorta di realismo espressionista.

    1. Caro Luciano, tu fai sempre una disamina precisa e puntuale. Io, della Marchesi, ho letto solo di recente “L’occhio dell’ala” mentre di Celan conosco quel poco che ho reperito in internet. Ma probabilmente l’unica cosa che li accomuna è il disagio mentale. Analogamente quel riferimento a Lucrezio è per creare il vissuto della nostra autrice sulla falsariga di quello del poeta latino: non si sa quando è nato, quando è morto, se è esistito oppure no, se fosse veramente pazzo e sulla sua figura si sono fatte tutte le illazioni possibili e immaginabili. Ciò induce a ipotizzare che il personaggio della Marchesi sia di fantasia.
      Pensa se si scoprisse che invece era una paciosa madre di famiglia che inventava amplessi a go go mentre preparava la torta per i nipotini! Addio a quel pizzico di morbosità che promuove tutta la sua opera. Perché si pensa sempre che in poesia ci si debba confessare e non si ammette l’invenzione come avviene invece per la prosa. A me invece piace moltissimo scrivere d’amore e ultimamente – per raggiungere quella notorietà che rimarrà sempre una chimera – ho dato alle stampe un libretto un po’ fuori dalle righe con poesie molto osé. Forse è una specie di vendetta verso mia madre – che ho amato moltissimo ma mi ha anche assai condizionata – la quale mi strappava dal quaderno i miei innocentissimi e puerili testi amorosi. Se c’è un mondo di là adesso si rivolta nella tomba ma io non rinnego assolutamente la libertà – l’unica che ho avuta in tutta la mia vita – di mettere sulla carta tutto quello che mi passa per la mente.
      Grazie, Luciano, del commento sempre pertinente.

  3. Gli unici punti di contatto tra gli scrittori messi a confronto da Carla, cioè tra Celan e Marchesi sono l’emistichio di Celan “L’occhio dell’ala” che fa da titolo all’omonima raccolta di poesia di Maria Marchesi, dettaglio evidenziato da Carla, e i disturbi mentali sottolineati da Carla e da Luciano. Quanto al resto, concordo con Luciano, la cui puntuale disamina condivido. Alle intuizioni poetiche di Celan riconosco un’estensione in vericale, a quelle di Marchesi un’espansione in orizzontale.

    1. Avrete certamente ragione voi. Tuttavia avevo notato nella Marchesi questo apparente cambio repentino di argomento che ho poi riscontrato in Celan. Ma poiché quello che ho letto era in un prestito di Biblioteca non mi è più possibile ritrovare i punti, se ci sono, di contatto con i due autori la cui forma di esprimersi metricamente è agli antipodi. Resta il fatto che, se è stato scelto quel titolo, la Marchesi, o chi per lei, Celan lo conosceva e bene e si rimane sempre un po’ influenzati dalle proprie letture. Comunque grazie anche a te per le precisazioni.

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