Alcmane, Una considerazione

 

Ὁ δ’ὄλβιος  ὅστις  εὔφρων

ἁμέραν  διαπλέκει

ἄκλαυτος.

Beato colui che, sereno,

intesse la trama del giorno

senza pianto.

(Alcmane, fr. 1 Diehl)

***

Alcmane, poeta del VII sec. a. C., nacque a Sardi, in Lidia, ma era di origine greca, precisamente eolica. Visse a Sparta, forse da schiavo, infine affrancato. Fu poeta corale e introdusse nella forte e un po’ ruvida poesia lacedemone la grazia e la dolcezza lidia. Di lui ci rimangono circa 200 versi. Scrisse soprattutto parteni, componimenti corali eseguiti da giovani donne in occasioni festive. Uno dei tòpoi della sua scrittura in versi è la gnòme, cioè un monito o motto sentenzioso, come questo che vi ho proposto in lettura (e meditazione).

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17 risposte

  1. La nostra vita è un’avventura, uno strano percorso che ci rallegra (raramente) e più spesso ci ferisce. Un buon bicchiere di vino, in un “simposio” tra amici, può rendere tutto più leggero ed aiutare “a tessere la trama del giorno senza lacrime”.

    Alcmane si consolava, pure lui, col vino (e non solo…).

    Ecco qui un scelta di vini, tratta da un suo frammento, messa in rima:

    Vino
    Vino dei Cinque Colli:
    D’Entìade, Caristio oppur D’Enunte
    o di Statme o d’Onolli,
    che non mostri di foco aspre le punte,
    che del buon bere limitan le voglie…
    In cui dolce sapor di fior si coglie.

    Non disdegnava neppure la compagnia femminile, di cui i versi qui di seguito sono palese testimonianza. Un erotismo accennato, contenuto, elegante. Non privo di espressivo desiderio. Ancora in rima.

    Il cèrilo
    Fanciulle belle,
    dolce cantare,
    degl’inni sacri
    il salmodiare.
    Già più non reggo,
    ch’io sento smossi,
    pur se mi seggo,
    i nervi e gli ossi.
    Oh, se un uccello,
    cerìlo, fossi!
    Con voi volare;
    a fior dell’onda
    l’ali spiegare,
    mie belle alcioni
    di chioma bionda;
    di voi fratello,
    d’amor tenzoni
    con voi provare,
    io fatto uccello,
    sacro, del mare.

  2. “Alcmane si consolava, pure lui, col vino (e non solo…) scrive Lido. E meno male, caro mio, vorrei vedere … A parte gli scherzi, trovo molto interessante il tuo commento e, dopo aver riconosciuto frammento (26, Page; 94, Diehl) “Il cerilo” (uccello marino identificato con l’alcione maschio), devo confessare, con un pizzico di vergogna, di non ricordare o di non aver letto, in originale, i versi sul vino. Per ora mi accontento della traduzione, che immagino quanto meno adeguata, poiché conosco un po’ la lingua e i ritmi di Alcmane. Quanto a “Il cèrilo”, la traduzione mantiene lo spirito o, se si vuole, l’atmosfera del testo originale per la vivacità espressiva. Avrei preferito, tuttavia, ai quinari semplici (che mi sembrano in qualche modo spezzare il ritmo degli esametri dattilici dell’originale) i quinari doppi o, meglio ancora, settenari od ottonari doppi, o altro verso più ampio e adatto al respiro dell’esametro. Fermo restando che tradurre in quinari rimati questo testo di Alcmane, mantenendo l’anima del testo originale, è impresa certamente complicata. E tu, caro Lido -perché credo che le traduzioni siano tue- hai fatto una bella impresa.

    1. Caro Pasquale, non sono traduzioni mie, come puoi ben vedere. Ho solo tentato di trasporre in rima da traduzioni di Filippo Maria Pontani, del 1968. In più ho reinterpretato a … modo mio, cercando di mantenere almeno la freschezza dell’originale. Il frammento sulla “lista dei vini” era tra quelle tradotte del Pontani. Cercherò il frammento.

      1. Anche se hai solo trasposto in rima le traduzioni di Filippo Maria Pontani, ti confermo il mio parere positivo a proposito della ricreata atmosfera poetica dei frammenti di Alcmane. Non era per nulla facile e tu sei stato davvero bravo!

    2. Caro Pasquale, i versi sul vino, tradotti dal Pontani appartengono al Fr. 92 che qui riporto:
      Frammento 92

      ἄπυρον Ϝοῖνον
      ἄνθεος ὄσδοντα
      Πέντε Λόφων,
      οἶνον δ’ Οἰνουντιάδα ἢ Δένθιν ἢ Καρύστιον
         ἢ Ὄνογλιν ἢ Σταθμίταν†
      Nella trasposizione in rima vi ho messo troppo… di mio.
      Un caro saluto.

  3. Ed io ti ringrazio, Pasquale, per il tuo apprezzamento. Approfitto per segnalarti, su suggerimento di Lidia, anche questa qui sotto.
    Nel frammento che segue, da me messo in rima – operazione che rasenta il sacrilegio – se ne assapora, tuttavia, la sofisticata capacità descrittiva e rappresentativa.

    «εὕδουσι δʼ ὀρέων κορυφαί τε καὶ φάραγγες
    πρώονές τε καὶ χαράδραι
    φῦλά τʼ ἑρπέτ’ ὅσα τρέφει μέλαινα γαῖα
    θῆρές τʼ ὀρεσκώιοι καὶ γένος μελισσᾶν
    καὶ κνώδαλʼ ἐν βένθεσσι πορφυρέας ἁλός·
    εὕδουσι δʼ οἰωνῶν γένος τανυπτερύγων.»
    (IT)
    «Riposano i monti e le gole,
    i picchi e i dirupi,
    e le specie degli animali, quanti ne sostenta la nera terra,
    e le fiere ospitate dai monti e gli sciami delle api
    e i mostri del purpureo mare profondo;
    dormono i branchi degli uccelli dalle larghe ali.»

    (Reinterpretazione mia):

    La notte
    Veste il silenzio le campagne e i monti
    ed i baratri oscuri ed i dirupi,
    e muti i boschi e più ferrigni e cupi;
    mute le balze e i verdi prati e i fonti.
    E gli animali della Terra bruna
    con le fiere s’acquattano e gli sciami;
    quanti il ceruleo mar mostri richiami,
    quanti ne nutre tutto il globo e aduna.
    Non s’ode canto o voce di mortali,
    né in aria passa alcun ronzio, né foglia
    tacita trema, né sospiro o doglia
    movesi in aria, o palpitare d’ali.

  4. Caro Lido, ti devo fare i miei più grandi elogi. Quel frammento buttato lì da Pasquale senza grandissime spiegazioni a me, che non conosco il greco, non aveva certamente fatto venire i brividi. Tu con le tue “reinterpretazioni” hai fatto diventare questa pagina una delle più belle del blog. Continua su questa strada prendendo ad esempio Quasimodo che con quei “Lirici greci” fu molto criticato ma ha dato alle stampe una delle sue migliori opere. E tieni anche presente che io, con il mio carattere spigoloso, faccio apprezzamenti positivi solo ed esclusivamente a chi veramente vale.

    1. Cara Carla… non so che dire, se non ringraziarti per il tuo cortese positivo giudizio. Ho messo in rima molti dei frammenti dei lirici greci, in particolare quelli che mi hanno piacevolmente stimolato. Se Pasquale giudicherà opportuno pubblicarne in seguito altri, potremo parlarne ancora. Grazie e buona giornata.

  5. Una traduzione straordinaria, Lido, amico mio e anche se non lo avessero detto tutti quelli che l’hanno letta, basterebbe a dimostrarlo ( lo dico con un sorriso di compiacimento 🙂 ) l’apprezzamento della nostra Carla, persona di cultura, poetessa raffinata, critico esperto e carattere ..come ha detto? ah…spigoloso :-D. Quindi una lode da parte sua considera preziosa 🙂 La traduzione sotto il testo è bellissima, è letterale, la tua è poesia ispirata da un’altra poesia ed è veramente un gioiello. Di tutto quello che ho tradotto dal Greco- ed è stato tanto, basti pensare che solo la Medea, il libro di lettura che portai alla maturità ” in più” rispetto al programma dei tre anni erano 2000 versi, quello solo-, ma di tutto solo pochi versi mi restano nel cuore : Saffo in
    φαίνεταί μοι κῆνος ἴσος θέοισιν
    ἔμμεν’ ὤνηρ ὄττις ἐνάντιός τοι
    ἰσδάνει καὶ πλάσιον ἆδυ φωνεί-
    σας ὐπακούει,
    e proprio Alcmane, codesto frammento. Il primo verso è per me di incomparabile suggestione. Questa traduzione dice tanto di te : la tua sensibilità, la tua cultura, il tuo impegno, la tua capacità di dipingere a parole e la musicalità che è una delle tue prerogative. Non sono belle solo le immagini che hai evocato, ma è bello anche il ritmo, estremamente orecchiabile, naturale e fluido. Guarda solo i primi quattro versi per non farla troppo lunga: si passa dal dattilico- trocaico, all’ anapestico al giambico per tornare al dattilico-trocaico…questo lo chiamerei ” arpeggiare” e ci vuole istinto musicale, ci vuole natura perché sono cose che l’osservatore può analizzare, ma che non si possono costruire a tavolino.

    1. E non vogliamo, cara Lidia, richiamarla la splendida, esaltante quasi-traduzione di questo carme di Saffo operata da Catullo? “Ille mi par esse deo videtur / Ille, si fas est, superare divos, / Qui sedens adversus identidem te / Spectat et audit / dulce ridentem …” ( c. 51)

  6. Ecco, si è sviluppata un po’ di bella discussione e Carla ha avuto torto sulla bontà del post. Pentita, però.
    I complimenti a Lido già li ho fatti e m’impegno a pubblicare altre riduzioni in versi italiani di lirici greci tradotti o “sistemati” da lui.

  7. «εὕδουσι δʼ ὀρέων κορυφαί τε καὶ φάραγγες
    πρώονές τε καὶ χαράδραι
    φῦλά τʼ ἑρπέτ’ ὅσα τρέφει μέλαινα γαῖα
    θῆρές τʼ ὀρεσκώιοι καὶ γένος μελισσᾶν
    καὶ κνώδαλʼ ἐν βένθεσσι πορφυρέας ἁλός·
    εὕδουσι δʼ οἰωνῶν γένος τανυπτερύγων.»

    Dormono le cime dei monti
    e le forre, i promontori, le convalli,
    e le specie degli animali quanti ne nutre la nera terra,
    e le belve montane e la stirpe delle api
    e i mostri negli abissi dell’azzurro mare;
    dormono le generazioni degli uccelli dalle larghe ali.

    1. E questo è davvero un bellissimo (e riposante) notturno. Ce ne sono altri, nella letteratura greca e latina, per stare a quella classica.

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